«Nell’evasione di Maniero ci fu la mano dei servizi segreti»

Un ex magistrato al processo sulla trattativa Stato-mafia di Palermo:  «Un ufficiale degli 007 mi chiese il fascicolo sulla fuga dal carcere di Padova»
Felice Maniero
Felice Maniero

VENEZIA.  «Quell’evasione di Felice Maniero dal carcere di Padova nell’estate del 1994 parve fin dal primo momento strana. Il fascicolo, peraltro scarno, mi venne chiesto dal colonnello Ragosa che all’epoca, come seppi più tardi, faceva parte dei servizi segreti. E’ una mia congettura, ma ritengo che proprio i servizi potrebbero aver contribuito a quell’eclatante piano di fuga».

Lo zampino degli 007 nostrani è stato ventilato dall’ex magistrato Salvatore Cirignotta,, nelle pieghe della deposizione da lui resa ieri mattina al processo sulla trattativa Stato-mafia che si sta celebrando nell’aula-bunker del carcere Ucciardone di Palermo. Cirignotta, in qualità di manager dell’Asl di Palermo è stato rinviato nei giorni scorsi a giudizio per turbativa d’asta. Quando «Faccia d’angelo» e soci fuggirono dal carcere penale di Padova, Cirignotta era in servizio come funzionario al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap). L’evasione di Maniero va pertanto inserita nello scacchiere dagli inquietanti intrecci tra malavita del Brenta, Cosa nostra, camorra e agenti segreti croati impegnati a raggirare l’embargo sulle armi usando canali alternativi: mitra, pistole e quant’altro in cambio di cocaina ed eroina. Con la tacita benedizione delle nostre «barbe finte».

La cronaca del tempo parla da sola. L’11 aprile 1994 viene scoperto un piano per far evadere Maniero dalla Casa di reclusione di Vicenza, grazie alla collaborazione di due agenti di custodia che all’ultimo momento si pentono e fanno naufragare la fuga, progettata facendo intervenire perfino un elicottero. Qualcuno vuole farlo evadere ad ogni costo perchè possa sistemare certe "cosucce"? Maniero viene trasferito in tutta fretta nel carcere «Due Palazzi» di Padova, quando già i suoi «amici» stanno preparando il piano bis: un assalto con kalashnikov e bazooka durante il trasferimento del boss dal carcere padovano all’aula-bunker di Mestre dove si sta celebrando (3 giugno 1994) il maxi processo sulla Mala del Brenta. Ma una soffiata manda all’aria anche questopiano. Proprio quel giorno "Faccia d’’angelo" si fa servire in gabbia spaghetti all’astice con prosecco, mentre il presidente della Corte Maria Grazia Campanato lo fulmina con lo sguardo.

Il processo si conclude con la condanna di Maniero a 33 anni di reclusione, emessa il primo luglio di quello stesso anno. Ma ormai Felicetto ha già tagliato la corda con un’evasione all’americana realizzata all’alba del di martedì 13 giugno. Un’evasione destinata ad incarnare la purificazione di tutti i misteri che ruotano attorno a questo personaggio che rappresenta l’immagine dell’idra a più teste. Le resposnsabilità stanno molto più in alto dell’agente carcerario scelto Raniero Erbì preso per finta in ostaggio da un quartetto di falsi carabinieri a Maniero ma anche ai suoi fedelissimi Antonio Pandolfo alias "Marietto" e Sergio Baron. Con loro fuggirono pure il camorrista Carmine Di Girolamo, l’ergastolano foggiano Vicenzo Parisi e lo spacciatore turco Nva Beriza.

Eppure l’allora direttore del carcere penale di Padova Oresta Velleca aveva impartito misure di sorveglianza rigide per Maniero: «Vista la pericolosità del soggetto, ho disposto che vengano messe in atto misure di prevenzione esterna onde evitare e scongiurare eventuali tentativi di evasione od altro per l’intero periodo di permanenza presso questo istituto». Il direttore rese pure noto un ordine di servizio (n.106, maggio 1994) perentorio che disponeva direttive precise: "Il personale adibito al servizio, eccezionalmente per il periodo in cui Maniero sarà qui ristretto, verrà scelto in numero ristretto tra quello che offre maggiori garanzie di professionalità e quindi in deroga al principio della rotazione». Parole al vento. Nella notte dell’evasione erano presenti diversi agenti di custodia inseriti nella lista degli "indesiderati". Una guardia scelta venne addirittura "promossa" a capoposto ed inserita in un punto strategico dell’istituto di pena, dove vengono filtrati e selezionati gli ingressi. E’ l’Italia dei misteri.

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