«Nelle fiere inizia a crescere la diffidenza»

Allarme di Ribon (Federmoda): «Attenti, rinunciare alla nostra qualità è un suicidio industriale»

STRA. «A Dusseldorf, a Stoccarda e in altre fiere nazionali ed estere, se ne stanno già accorgendo. Spesso purtroppo il prodotto che arriva dalla Riviera del Brenta non è più un prodotto di qualità, ma fatto a basso costo sfruttando sempre più la leva dell’abbassamento dei costi del lavoro. Lavoro, rigorosamente in quei casi, made in China. Il rischio è un rigetto totale, un azzeramento dei fatturati nel giro di due anni». A dirlo è Matteo Ribon segretario regionale di Federmoda, l’associazione di categoria che riunisce piccole e medie aziende del settore della moda e delle calzature in Veneto.

Ribon fa una analisi della situazione. «Quello che è successo a Prato – dice Ribon – paradossalmente avrà meno impatto negativo su quel tessuto economico di quello che potrebbe succedere se il prodotto della Riviera fosse associato a un Made in China fatto con lavoro nero in laboratori senza regole. Tutti sapevano che a Prato ci lavorano i cinesi. Il prodotto della Riviera invece ancora tira, perché conosciuto come di alta qualità e rigorosamente italiano. Le avvisaglie della tempesta in arrivo già si sono avute in qualche Fiera all’estero. Molti compratori fanno domande e chiedono chi fa cosa e dove. Rifilare un prodotto cinese per uno della Riviera è un imbroglio che nei mercati internazionali ha le gambe corte».

Ribon va nel dettaglio e sottolinea alcune differenze: «Se i grandi marchi internazionali della moda vengono smascherati – dice – a loro importa poco. Stare in Riviera o in Slovacchia o in Ucraina per loro non fa differenza. La differenza invece la fa per quelle imprese piccole e medie della Riviera, top di gamma, che perso il nome e l’originalità della produzione hanno perso tutto».

Per Ribon il rischio è che nel giro due anni se non si dà un freno pesante al fenomeno, sul calzaturiero si abbatterà una tempesta che provocherà migliaia di disoccupati per l’ingordigia di pochissimi imprenditori locali senza scrupoli

«Non servono più riunioni per creare codici etici o buoni propositi – conclude – Ora siamo già in una fase successiva purtroppo. Adesso servono sanzioni davvero incisive, con la chiusura di aziende disoneste sia cinesi che italiane. Chiediamo che insieme a noi agiscano anche i Comuni con le polizie municipali. Come Federmoda Veneto abbiamo inviato un dossier alla Procura della Repubbluca segnalando molte situazioni di violazione della legge». (a.ab.)

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