Nekta apre alla protesta «La gente venga a vedere»
Nekta a un bivio: assumere o licenziare. Suona come un ricatto, ma è una assoluta necessità per l'azienda che si trova nella zona industriale di San Donà e che tratta rifiuti speciali e opera nelle bonifiche ambientali. La vicenda del nuovo impianto per il trattamento di ceneri di pirite ha tenuto banco nella cronaca del territorio per mesi, scatenato polemiche, scosso la comunità che si è riunita in comitati per contrastare il progetto in nome della salute dei cittadini e della tutela ambientale.
Il problema sollevato dai comitati del territorio, che hanno raccolto migliaia di firme, è ormai ben noto. L'azienda vuole aprire questo nuovo impianto per il trattamento di ceneri di pirite che ha seminato il terrore. Ha ricevuto il via libera della Regione, dell'Arpav, ma i Comuni di San Donà e Noventa hanno fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) e lo stesso ha fatto la Provincia, con la presidente Francesca Zaccariotto che è anche sindaco di San Donà. La famiglia Rocco, titolare dell'impresa in via Pontecorvo nella zona industriale di San Donà ha atteso 3 anni e 7 mesi per il semaforo verde della Regione Veneto che è alla fine arrivato. Anche l'Arpav ha detto sì, ma i Comuni interessati, e che condividono la zona industriale, non ne vogliono sapere e hanno ingaggiato una battaglia a colpi di ricorsi al Tar. sostenuti dalla popolazione.
«Regione e Arpav ci hanno comunicato ufficialmente che è tutto in regola», spiegano i titolari, «che possiamo procedere con la realizzazione di questo importante impianto per il trattamento delle ceneri. Non comprendiamo perché Comuni e Provincia ce lo impediscano. Le ceneri di pirite sono al 90 per cento costituite da ferro, basta avvicinare una calamita per capirlo. Provengono da bonifiche dei terreni, vengono mescolate tranquillamente al cemento nei lavori sulle strade. Il loro trattamento non comporta pericoli».
«Ora ci troviamo nella difficile condizione di poter aumentare la nostra attività, assumere altre 20 persone agli oltre 40 dipendenti che già abbiamo», precisano, «oppure dovremo licenziarne 10. Il tutto perché le amministrazioni comunali si sono impuntate senza che ve ne sia una ragione valida. Le nostre porte sono aperte e invitiamo ufficialmente i comitati con quelle mille firme contro di noi a venire a trovarci. Vogliamo che vedano con i loro occhi che cosa sono le ceneri e come le tratteremo perché non c'è nulla da nascondere».
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