Negozi, il centro di Mestre è sempre più deserto

Calle del Sale è un susseguirsi di vetrine vuote, in calle Legrenzi ha chiuso una boutique storica, il “Pout Pourri”
Negozi che chiudono in centro a Mestre - nella foto ex prosciutteria Catena in calle del sale
Negozi che chiudono in centro a Mestre - nella foto ex prosciutteria Catena in calle del sale

MESTRE. La desertificazione del centro è un dato di fatto. Dopo “Input” in piazzale Sicilia, il negozio della Apple “stroncato” dallo store aperto alla “Nave de Vero” e dal degrado, ha chiuso i battenti una boutique storica. Parliamo di “Pout Pourri” di calle Legrenzi, attività che resisteva da molti anni, una tra le più belle della zona, che nobilitava l’area. Sulle vetrine è appeso un messaggio rivolto ai clienti: «La favola continua nelle nostre boutique di Spinea, Venezia e Asolo». Evidentemente la scelta di chiudere è ricaduta su Mestre.

Ricambio e chiusure. Il nostro centro città non è appetibile e ancor meno raggiungibile. Il turn over di chi apre e chi chiude è altissmo, tanto che basta mancare un mese dal “salotto cittadino” che si perde il conto dei negozi e dei marchi. Poco oltre, a fianco a un’altra attività che si è rimpicciolita rinunciando a un po’ di visibilità, apre un nuovo negozio: niente meno che un fruttivendolo, Orto&Frutta, per la precisione. Apertura al civico 26: frutta fresca, esotica, ortaggi e verdura. Un’attività di vicinato che si spera abbia futuro.

Calle del Sale deserta. Tra le strade del centro più desertificate c’è calle del Sale, nel tratto tra Riviera Magellano e piazzetta Coin. L’agenzia Clipper, tra le più famose e conosciute di Mestre, ha chiuso i battenti da qualche mese. Vicino all’osteria Al Buso, l’intera palazzina è sfitta, in cerca di qualcuno che voglia trasferirsi. La Clipper ha traslocato in una zona più raggiungibile e meno cara.

Ma la stradina è tutta una vetrina vuota. Di fronte al bar e al negozo cinese dove si ricostruiscono unghie, tre vetrine vuote di ex negozi di vestiti, una dopo l’altra. Da poco ha chiuso anche il negozio che vendeva sia sigarette elettroniche che accessori, aperto da non più di due anni. Da qualche giorno non c’è più neanche la “Prosciutteria”. Anni addietro era il famoso ristorante cinese “Il Mandarino”, che un tempo andava alla grande con il boom della cucina etnica. Poi i cinesi hanno lasciato ed è arrivata la Prosciutteria. Adesso dentro il locale, sono tornati gli stranieri, che stanno lavorando per riaprire. Diventerà un ristorante giapponese e inaugurerà a breve, non appena terminati i lavori di ristrutturazione in corso.

Accesso difficile. «La domanda da porsi è una: quale città vogliamo?», chiede Dario Corradi di Confcommercio Mestre (nella foto). «Abbiamo una città in cui è stato precluso l’accesso al traffico. Quando si discuteva anni fa, sembrava che i commercianti tendessero a tutelare solo i propri diritti e chi ha gestito la cosa pubblica ci ha marciato, prendendo come scusa quelli che definiva “gli interessi corporativi dei commercianti”, che al contrario non hanno mai posto il proprio interesse davanti alla logica che invece ragiona su che città vogliamo: desertificata, vuota, dove è in aumento la delinquenza. In questi anni siamo riusciti, a prescindere dalla grande distribuzione, a creare un centro città totalmente inaccessibile e chi ha pianificato il sistema cittadino ha realizzato viabilità e trasporti pubblici esclusivamente a servizio dei centri commerciali».

Bastonati. Prosegue Corradi: «Oggi si chiude perché la residenza non è più in grado di rappresentare la domande necessaria a tenere vivi i negozi di vicinato: il messaggio dato a chi abita fuori, è di non venire a Mestre, perché la viabilità è un casino e si viene spennati. In contemporanea invece altre città in Italia hanno sviluppato diversi poli di attrazione puntando sull’arredo urbano, sulle iniziative particolari e mirate: qui non è avvenuto niente del genere, nessuna opera di urbanizzazione, nessuna iniziativa di riguardo e dopo un anno dalla creazione del park all’ex Umberto I anche il Candiani è in difficoltà perché non c’è una politica tariffaria soddisfacente dei parcheggi. Stessa cosa al Toniolo, un teatro sempre sold-out, senza lo straccio di un parcheggio. Quando ponevamo questi problemi, sostenevamo i diritti della casta o denunciavamo che così si creavano i presupposti per una città morta?».

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