Negata la semi infermità al killer di Silvia Gobbato

SAN MICHELE. Non aveva una piena capacità di autodeterminarsi. Ma non così grandemente scemata al punto da poter individuare una semi-infermità mentale.
È la conclusione a cui è giunto il perito del gup del tribunale di Trieste, lo psichiatra Calogero Anzallo, all’esito della perizia psichiatrica svolta su Nicola Garbino, lo studente fuoricorso di ingegneria, di 37 anni, di Zugliano (Udine), reo-confesso del delitto di Silvia Gobbato, praticante avvocato, di 28 anni, di San Michele al Tagliamento, uccisa il 17 settembre 2013 mentre faceva jogging lungo l’ippovia del Cormor alle porte di Udine.
Anzallo lo ha spiegato ieri mattina in aula, nel contradditorio tra le parti. In udienza sono stati ascoltati anche i consulenti delle parti civili e della difesa.
Lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi, consulente dei familiari di Silvia insieme con la psicologa Erika Jakovcic, ha concluso invece per una «piena capacità» di Garbino, sottolineando «l’assenza di una forma di grave patologia mentale nel periziando, tanto da escludere l’ipotesi di un vizio di mente».
Insomma secondo gli eminenti periti della famiglia della vittima, l’assassino era sano di mente quando ha compiuto il delitto.
Il consulente della difesa, Pietro Pietrini, ha invece insistito per una semi-infermità, per cui deporrebbero l’incapacità di Garbino a relazionarsi con l’altro, l’autoreferenzialità e il piano grottesco elaborato per il rapimento.
Il processo è stato rinviato al primo aprile per la discussione e l’eventuale sentenza.
Garbino, ha spiegato lo psichiatra Calogero Anzallo, si trovava in una «condizione di diminuita capacità di intendere e volere» che ha «inciso sul suo comportamento».
«Pur considerando la debolezza strutturale del Garbino a livello di personalità - si legge nella perizia depositata nei giorni scorsi - non si può considerare che egli fosse incapace di intendere e volere al momento della commissione del reato».
«Presenta», si legge ancora nella perizia, «qualche disarmonia nella struttura di personalità ma non così incisiva da renderlo incapace di intendere e volere. Non vi è una scemata capacità di intendere e volere, anche perché questa non è in alcun modo supportata da scollamenti importanti dalla realtà, ma vi sono gli elementi per configurare tale capacità diminuita rispetto alla piena capacità di intendere e volere».
«Pertanto» conclude lo psichiatra, «pur non considerando il Garbino seminfermo di mente, si considera il suo stato psichico al momento del fatto in una condizione di diminuita capacità di intendere e volere e che tale diminuzione nelle facoltà del Garbino abbiano inciso sul comportamento dello stesso».
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