Nave de Vero, esercito di precari Commesse pagate a percentuale
Giovani e meno con le facce pulite e tanta voglia di lavorare bussano alla porta dei sindacati e mostrano le buste paga perché non riescono a far quadrare i conti: scoprono di essere sfruttati fino al midollo e di non poterlo neanche denunciare, pena rimanere senza stipendio. Il centro commerciale “Nave de Vero” sta facendo impazzire Filcams Cgil e Fisascat Cisl, alle prese con le piaghe della flessibilità all’italiana e con ben 46 tipi di contratti precari che - sostengono - nel neo arrivato tempio dello shopping di Marghera vengono applicati tutti.
Andrea Brignoli (Filcams Cgil) potrebbe scrivere un libro, ma elenca i più eclatanti, stando ben attento a non far capire nomi e marchi: «I ragazzi assunti sono tutti precari, contratti di mese in mese, che hanno bisogno di un lavoro. C’è un livello tale di sfruttamento nella tipologia dei contratti che viene attuata da togliere la dignità. Il voucher, ad esempio: l’azienda compera un pacchetto di buoni, da 4 o 6 ore e ogni volta che il lavoratore presta servizio stacca un buono, complessivo di contributi, tfr, tredicesima. Esiste persino il contratto a chiamata a tempo indeterminato senza neanche la descrizione di un monte ore settimanale, un orario e un salario minimo. C’è il lavoro a percentuale, dove si parte da un minimo contrattuale standardizzato di circa 250 euro e il resto lo prendi in base alla tua vendita. I ragazzi vengono assunti part time, ma i contratti sono fatti in modo che le 15 ore settimanali vengono consumate in due giorni. Il resto viene pagato un po’ in nero un po’ non viene pagato. Ci sono commesse con contratto a progetto. Per non parlare dei contratti Unci (Unione nazionale delle cooperative italiane) nel settore ristorazione che il sindacato non riconosce così come il ministero del lavoro e l’Inps, comprensivi di tfr, ferie, festività in busta paga».
«I negozi sono piccoli», precisa Andrea Stevanin di Fisascat Cisl, «i lavoratori non possono coalizzarsi. Quando ha aperto la Nave de Vero sapevamo che un centro commerciale in più non avrebbe retto né creato occupazione se non precariato e tante forme contrattuali non contemplate per stare sul mercato. Mi è capitato persino il caso di una dipendente in maternità che doveva trovarsi la sostituta. Abbiamo fatto le dovute segnalazioni all’ispettorato su alcuni casi, ci siamo rivolti agli organi di controllo. I lavoratori sono indifesi e ricattati e noi abbiamo le ali spuntate».
C’è anche chi, alla Nave de Vero, dipendenti ne ha assunti, come Doriano Calzavara, presidente di Confcommercio, che ha un’erboristeria nel colosso commerciale: «Ho due dipendenti a tempo indeterminato e un’apprendista, così come negli altri centri dove ho negozi. Ho brave apprendiste neolaureate che spero di confermare».
Sul caso interviene anche la leader trevigiana delle commesse e di “Domenica no grazie”, Tiziana D’Andrea: «È un fatto tristissimo e sempre più diffuso. Una mia vicina, sulla cinquantina, chiusa l’azienda si è rimessa in gioco: in un’erboristeria per cui ha lavorato, in un centro commerciale, ha preso di un intero mese full time 300 euro. Le donne delle pulizie prendono anche 10 euro l’ora, senza responsabilità, mentre una commessa maneggia soldi e deve sempre essere perfetta. Il mercato sta degenerando, i nuovi contratti legalizzano il nero, spero che qualche finanziere mi legga e vada a vedere. La Nave si fregia di essere il Centro di ultima generazione e poi paghi i lavoratori a commissione?».
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia