Musolino: «Non cedo ai ricatti dell’Aspo»

Il presidente dell’Autorità portuale attacca: ci ha diffidato, vuole venderci gli immobili e farci assumere il loro personale
Foto Agenzia Candussi/ Carrai/ Mestre, redazione Nuova Venezia/ Incontro con Musolino, pres. porto
Foto Agenzia Candussi/ Carrai/ Mestre, redazione Nuova Venezia/ Incontro con Musolino, pres. porto
CHIOGGIA. La società di gestione del porto di Chioggia, l’Aspo, a pochi mesi dalla nomina dei nuovi vertici è stata di fatto messa in liquidazione. Le attività passeranno all’Autorità portuale di sistema dell’Alto Adriatico ma non sarà così semplice. Il presidente dell’Autorità Pino Musolino è costretto mandare “di nascosto” i tecnici per misurare la profondità dei canali del porto perché i due enti non si parlano, anzi l’Aspo ha “diffidato” l’Autorità. Pino Musolino ha parlato anche di questo, rivelando gustosi retroscena, nel
forum
che si svolto nella redazione della Nuova Venezia.


Presidente Musolino, qual è la situazione del porto di Chioggia? È possibile un rilancio?


«Attualmente abbiamo difficoltà a redigere un piano di investimenti sul porto di Chioggia perché nonostante la riforma ci assegni la gestione, nei fatti e da un punto di vista squisitamente amministrativo questo non è avvenuto».


Infatti la gestione è dell’Aspo, che ora dovrebbe cederla all’Autorità portuale: cosa sta succedendo ?


«La Camera di Commercio di Venezia si è riunita qualche settimana fa e ha deciso di sciogliere l’Aspo, per passare le competenze a noi, senza però mai avvisarci, senza avvertire il Ministero, e a determinate condizioni che io ho scoperto solo facendomi spedire
“de scondon
” la delibera che ufficialmente non ci mai stata inviata. E qui inizia il bello».


Cioè, cosa contiene la delibera ?


«La decisione di sciogliere l’Aspo, con la riserva di determinarne successivamente la messa in liquidazione e la decorrenza, cioè come voglio io e quando voglio io, a seguito dell’eventuale accordo raggiunto con l’Autorità portuale in ordine al trasferimento di tutte le attività di gestione del porto di Chioggia.


E questo “eventuale accordo” cosa prevederebbe?


«Praticamente il fatto che noi come Autorità dovremmo acquistare il patrimonio immobiliare dell’Aspo dopo che lo stesso ente lo ha acquisito con soldi dello Stato. Sono quindi beni demaniali, che certamente noi non abbiamo intenzione di ripagare un’altra volta. Ma è sul come raggiungere questo obiettivo che la delibera fa arrabbiare. Infatti prevede che vengano attivati gli opportuni contatti con l’Autorità portuale mediante invio di formale diffida. Insomma per favorire il dialogo con l’Autorità portuale questi signori ci mandano una diffida, e basano questa decisione citando un articolo di legge che non la prevede.


Ma c’è un testo per arrivare a un accordo ?


«Praticamente oltre dover riacquistare il patrimonio immobiliare, l’Aspo ci “regala” anche tutto il personale perché non può essere assorbito dalla Camera di Commercio».


Come intende reagire a questa “diffida” ?


«La mia intenzione sarebbe quella di consegnare tutto
alla Corte dei Conti, all’Anticorruzione, Procura della Repubblica e poi andare al ministero a Roma. Perché non mi possono voler vendere qualcosa che è già dello Stato. Inoltre l’Aspo in questi anni ha lavorato più come agenzia immobiliare che come gestore del porto e i risultati lo confermano. In dieci anni il porto è passato da tre e un milione di tonnellate gestite, i canali non sono stati adeguati al pescaggio delle navi, il varco ferroviario è stato spezzato, non c’è più il varco doganale e il personale è stato ridotto. Non mi sembra un grande risultato. Dieci mesi fa quando ho incontrato il presidente dell’Aspo Damaso Zanardo per avviare un primo contatto ho parlato di questi dati negativi e lui si è risentito per le critiche. Ma cosa voleva, che gli dicessi “bravo” ?»


Quindi adesso come intende procedere ?


«Noi stiamo lavorando per i lavoratori, le imprese del porto di Chioggia, nonostante qualcuno voglia fare lo speculatore immobiliare sulla pelle di lavoratori e imprese. L’Aspo affitta parte della sua sede, per altro molto più bella di quella dell’Autorità portuale, a imprese che nulla hanno a che fare con il porto facendo di fatto l’immobiliarista, mentre il porro sta morendo. Confido su Confindustria perché faccia un po’ di chiarezza e ci permetta di prendere in mano il porto di Chioggia per rilanciarlo. D’altronde ha tutto l’interesse di sostenere gli interessi degli imprenditori che investono».


La costruzione del deposito di Gpl potrebbe essere un freno al rilancio del porto ?


«Costa Bioenergie ha avuto tutti i permessi sia a livello nazionale che locale. Il mio interesse è quello di difendere chi ha investito 25 milioni di euro sulla banchina del porto».


Molte categorie economiche e la maggioranza dei residenti è contraria a questo progetto.


«Io sono arrivato a marzo e mi sono trovato sul tavolo questo progetto approvato da quattro amministrazioni comunali e da due ministeri. Così ho detto, anche ai comitati che ho incontrato, che come Autorità portuale non posso intervenire e sono in attesa di un chiarimento definitivo sulla pericolosità dell’impianto. Ci sarà un ente che certifichi la regolarità. In questo caso gestiremo un porto oltre che peschereccio e commerciale anche industriale. Se il deposito alla fine risulterà illegittimo gestiremo invece un porto solo peschereccio e commerciale».


©RIPRODUZIONE RISERVATA




Riproduzione riservata © La Nuova Venezia