Murano, in vetreria la bolletta del gas è quadruplicata. Da 39 mila a 170 mila euro per un mese

La fornace Effetre ha ricevuto ieri il conto della fornitura di energia: «Venerdì chiuderò una decina di forni, non posso continuare così»

Vera Mantengoli
Ivano Ferro, titolare della Effetre di Murano, mostra le due bollette del gas
Ivano Ferro, titolare della Effetre di Murano, mostra le due bollette del gas

LA STORIA

La temuta bolletta è arrivata e fa venire i brividi. L’aumento del gas per le fornaci è di quasi cinque volte maggiore di quello abituale, come annunciato.

In questi giorni gli imprenditori e artigiani del vetro di Murano stanno toccando con mano una crisi senza precedenti che rischia di essere soltanto l’inizio del periodo più nero dell’isola, addirittura peggiore della pandemia.

Il passo successivo alla chiusura dei forni è la cassa integrazione dei lavoratori. Il grido d’allarme lanciato dalla Confartigianato qualche settimana fa si sta confermando drammaticamente vero.

I fratelli Cristiano e Ivano Ferro, titolari dell’azienda Effetre Murano, mostrano nero su bianco la bolletta ricevuta giusto ieri: nel mese di ottobre per il consumo di 175.725 metri cubi di gas il costo è di 170.860 euro; nello scorso mese di giugno, per un consumo praticamente analogo (174.456 metri cubi) la bolletta era stata di 39.706 euro. In pratica oltre quattro volte tanto. Un costo evidentemente insostenibile.

Su circa sessanta aziende già una decina ha chiuso i forni, ma è soltanto l’inizio di uno stillicidio che potrebbe portare alla morte della produzione vetraria muranese.

Gli stessi Ferro venerdì prossimo, su dodici forni a disposizione, ne spegneranno una decina. Chiudere i forni non è come spegnere la luce perché spegnere il fuoco ha un costo enorme in termini di manutenzione.

«Tutti conoscono la situazione» commentano i fratelli Ferro: «I parlamentari veneti hanno allertato i ministri dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Fino ad adesso ci sono state tante parole, ma nei fatti c’è solo la bolletta che è arrivata oltre quattro volte più alta, come avevamo annunciato e il prossimo mese sarà lo stesso. Questa situazione è peggio della pandemia perché durante la pandemia avevamo dei ristori che ci hanno permesso di sopravvivere, ma ora invece non è previsto nulla».

Ferro è uno dei pochissimi al mondo che produce semilavorato, quindi il materiale che serve a chi poi lavora con il vetro, come le murrine e le bacchette. «Abbiamo fatto magazzino per non lasciare a terra i nostri clienti e ho riserve per un paio di altri mesi, ma il futuro è sempre più incerto».

Il problema, oltre alla chiusura dei forni che richiedono comunque manutenzione, è che è nell’aria una nuova ondata di cassa integrazione, ma solo per chi lavora nelle aziende considerate industriali.

Le aziende artigianali infatti dopo il 31 dicembre non potranno più accedere agli ammortizzatori e si troveranno sole, senza aiuti e senza nessun tipo di ristoro. Un disastro dato che le imprese artigianali sono tante e dietro a ogni impresa c’è la vita e la famiglia del titolare e dei dipendenti.

«Chi dubitava o pensava facessimo allarmismi è costretto a ricredersi» ha detto Gianni De Checchi, segretario della Confartigianato che per prima ha posto il problema qualche settimana fa. «Purtroppo il governo conosce la situazione, ma non riesce a prendere in mano il problema o non vuole creare una corsia preferenziale per l’isola».

De Checchi venerdì scorso ha inviato una lettera all’assessore regionale allo Sviluppo economico Roberto Marcato. «Ho scritto una proposta per studiare dei provvedimenti che prevedano un contributo straordinario sulla liquidità e un incentivo alla liquidità alle imprese tarato sui costi energetici, approfittando del fatto che quello del vetro è un distretto riconosciuto dalla Regione Veneto» conclude De Checchi. «Speriamo che la Regione tenga in considerazione la situazione e ci risponda, altrimenti un'intera isola è a rischio chiusura».

Argomenti:CronacaMurano

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia