Moulaye, venuto dal Senegal e diventato artista del vetro
VENEZIA. L’integrazione è possibile. E a volte produce qualche miracolo. Come trasformare un immigrato africano in maestro del vetro, produttore di perle sugli insegnamenti appresi dai vetrai muranesi. Una favola reale, quella vista in anteprima alla Casa del Cinema di San Stae. Un documentario prodotto a Venezia da Nicola Rosada e dalla 360 Degrees, girato dal regista – veneziano – Franco Basaglia. “Le perle di ritorno” è un film girato con grande tecnica e umanità che racconta la storia di Moulaye Niang, giovane artista senegalese arrivato a Venezia in cerca di fortuna qualche anno fa. Ha cominciato anche lui a vender borse, poi il suo talento artistico lo ha portato da un’altra parte. Appassionato di vetro decide di imparare la tecnica tramandata dagli antichi maestri. E ci riesce. L’isola di Murano, gelosa dei suoi segreti e del suo antico sapere, alla fine si apre allo “straniero”. Il documentario racconta in modo leggero di questa integrazione con scene quotidiane, amicizie sbocciate, la diffidenza che si dissolve. Finisce con i maestri e Moulaye che lavorano le canne di vetro battendo il ritmo alla maniera africana. L’allievo apre un piccolo negozio di perle veneziane. Le produce e le vende. Ma soprattutto porta a casa la tecnica del “come”. E con l’aiuto e la generosità dei muranesi riesce ad aprire in patria un laboratorio artigiano di produzione nel suo villaggio. Una storia che mette in immagini la possibilità di imparare un sapere “chiuso”, che nell’isola della laguna con sempre meno abitanti, pochissimi maestri vetrai e troppi turisti, rischiava di andare perduto.
«E’ stata un’esperienza bellissima – racconta il regista – abbiamo seguito Moulaye a Venezia, a Murano, in Senegal. Ho cercato di raccontare la forza e la determinazione di questa persona e l’importanza di imparare».
Alla fine l’amicizia e la simpatia tra la comunità muranese, i vecchi maestri del vetro e l’apprendista africano sboccia e si sedimenta. E Moulaye, che tra l’altro è un batterista di grande livello, suona nei locali e insegna ritmo e musica ai ragazzi, è diventato un personaggio popolarissimo. Tanto che l’altra sera, alla prima assoluta del documentario organizzata alla Casa del Cinema da Roberto Ellero e dal settore Cinema del Comune, si è dovuto ricorrere a una seconda proiezione per accontentare le tante persone rimaste in calle senza poter entrare. «Speriamo di poterlo programmare anche al Giorgione – dice entusiasta Ellero – si parla sempre della necessità di autoprodurre cultura in città. Questo mi sembra un ottimo esempio».
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