«Mose, verifiche sulle paratoie cifre sui costi di manutenzione»
Li hanno zittiti per anni, ostacolando in tutti i modi le loro teorie che contestavano fin dagli albori alcuni aspetti tecnici del Mose. Oggi, dopo 14 anni dall’inizio dell’opera che costerà quasi 6 miliardi, verrà ultimata a giugno 2018 e in completa azione a dicembre 2020, parole e fatti inquietanti tornano a galla nel libro “Il Mose salverà Venezia?” di Editoriale Unicorn. Gli ingegneri Vincenzo Di Tella, Gaetano Sebastiani e Paolo Vielmo, esperti in tecnologie sottomarine e per anni impegnati nella Tecnomar, si interrogano sul fatto che «non è stata fatta un’analisi del progetto che facesse luce sugli aspetti tecnici più critici evidenziati negli anni».
Ieri pomeriggio, a San Leonardo, il libro è stato presentato da Alberto Vitucci e dagli autori, in una sala piena. L’ex sindaco Massimo Cacciari, impossibilitato a essere presente per motivi legati ai suoi impegni universitari, ha inviato un messaggio di sostegno ai relatori. «Chiediamo» hanno ribadito gli ingegneri «che si facciano delle verifiche sulle paratoie e sugli aspetti tecnici mai verificati». Dopo la retata di arresti del 4 giugno 2014 Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Anticorruzione, ha posto tre commissari alla guida del Consorzio Venezia Nuova, dando una garanzia da un punto di vista amministrativo. I relatori si chiedono però chi garantisce che i progetti approvati siano stati davvero i migliori e i più sicuri? «Il Consorzio Venezia Nuova» ha sottolineato il moderatore «era infatti controllore e nello stesso tempo controllato».
L’indifferenza nei confronti delle proposte dei tre ingegneri non è proprio rassicurante, come dimostra quanto successo con la Società Principia che elaborò uno studio, commissionato dall’ex sindaco Cacciari, che dimostrava le criticità del Mose con video, disegni e teorie. «Quando lo abbiamo presentato a Roma» hanno ricordato «non ci hanno fatto parlare e poi hanno contestato con motivazioni false e inconsistenti le nostre paratoie a gravità». Il libro spiega bene in cosa consistono: si tratta di una modalità alternativa al Mose che avrebbe risolto molti problemi dal punto di vista di spesa energetica e di costi, ma soprattutto avrebbe garantito un’oscillazione minima delle paratoie stesse. Per costruire quelle attuali, è stato sottolineato, si sono seguiti solo modelli fisici e non danno nessuna garanzia di cosa succederebbe in caso di acque agitate. «Cosa succederebbe oggi con un’acqua alta come quella del 1966?» ha domandato Vitucci, facendo riferimento all’anniversario imminente «Ricordiamoci della forza del mare che in quell’occasione ha portato via i Murazzi».
L’incontro si è chiuso ribadendo la richiesta di dare risposta sui costi del Mose una volta in funzione. «Non si può accettare la logica del “ma è già avanti”» ha detto Cristiano Gasparetto di Italia Nostra «perché oltre alla gravità saremmo sbeffeggiati dal mondo se succedesse qualcosa».
Stefano Boato è intervenuto dicendosi indignato per le ultime del presidente della Biennale Paolo Baratta, il quale ha detto che i soldi non sono arrivati in città perché c’è stata troppa opposizione al Mose. «La terza Legge Speciale» ha ricordato «prevede il contrario: che tutte le opere di riequilibrio della laguna vanno fatte prima di una diga».
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