Mose, pannelli solari sugli ex cantieri per alimentare il Mose. Allarme per la spiaggia di Pellestrina

L’altolà di Bettin: «Idea da bloccare subito. L’arenile di Santa Maria del Mare è da ripristinare subito»
Alberto Vitucci
Il rendering del 2011 che spiegava come, terminati i lavori, i cantieri dovevano essere smantellati
Il rendering del 2011 che spiegava come, terminati i lavori, i cantieri dovevano essere smantellati

 PELLESTRINA. Pannelli fotovoltaici per alimentare il Mose. Riemerge dopo una decina d’anni l’idea di limitare i costi già allora stratosferici dell’energia necessaria per sollevare le paratoie del Mose. L’ipotesi è adesso quella di utilizzare come luogo per installare un campo di pannelli fotovoltaici l’ex spiaggia di Santa Maria del Mare. Ricoperta di cemento nel 2010 per realizzare il cantiere per costruire i cassoni in calcestruzzo. E destinata, come recita la concessione provvisoria firmata dal ministero dei Beni culturali, a essere demolita.

In un vecchio progetto del Consorzio Venezia Nuova, gestione Mazzacurati, l’idea dei pannelli era già stata pubblicata. Dovevano essere sulle spalle in cemento del Mose alle tre bocche di porto, compresa Malamocco. Ma l’area della grande spiaggia di Santa Maria del Mare, sacrificata per realizzare l’area di cantiere, doveva essere ripristinata. Con un lavoro di disinquinamento e “naturalizzazione” delle spiagge.

Un obbligo di legge che aveva anche impedito qualche anno fa di prendere in esame la proposta di realizzare proprio a Santa Maria del Mare, fuori della laguna, il nuovo porto passeggeri con gli ormeggi per le grandi navi. Ma adesso l’idea torna a circolare. Le imprese Renzo Rossi e Merlo che stavano già lavorando alla demolizione dell’enorme “piarda” in cemento sono state bloccate. E adesso a quanto pare la commissaria del Mose Elisabetta Spitz avrebbe intenzione di andare avanti con il progetto del fotovoltaico.

Il consigliere rossoverde Gianfranco Bettin annuncia una interrogazione sull’argomento. «Ovvio che noi siamo favorevoli all’utilizzo dell’energia solare e eolica, la riteniamo l’unica strada per il futuro», dice, «ma in quel luogo non si può fare. La spiaggia di Santa Maria del Mare va ripristinata. E poi in quel modo il Consorzio ci guadagnerebbe tre volte: per la mancata demolizione e lo smaltimento, e anche per il risparmio sull’energia. Ci dicano dove e in che modo vogliono sviluppare il fotovoltaico in laguna».

C’è anche chi ricorda come per molto meno il ministero dei Beni culturali abbia espresso il suo parere paesaggistico contrario, qualche anno fa. Si parlava di come realizzare gli “inserimenti architettonici” del Mose.

Alcuni professori dell’Iuav avevano proposto una barriera in vetro. Bocciata. E una distesa di qualche ettaro di pannelli solari al posto della spiaggia? Nei prossimi giorni sarà possibile saperne di più. Anche perché la commissaria Spitz, dopo due anni e mezzo di silenzi ha deciso di convocare la sua prima conferenza stampa, nella sede che la ospita in Prefettura.

Si dovrà anche fare il punto sulla tormentata vicenda della salvaguardia della laguna e sul lungo stop ai lavori. Cantieri bloccati da troppo tempo. Non ancora riavviati dopo la soluzione della crisi del Consorzio Venezia Nuova, che ha evitato il fallimento. I soldi sono arrivati da molti mesi, il blocco delle fidejussioni e dei pagamenti è stato tolto.

Ma i cantieri ancora non partono. Il Consorzio guidato da due anni dal commissario liquidatore Massimo Miani, non ha ancora assegnato il primo stralcio dei lavori per la messa in sicurezza di piazza San Marco. Progetto illustrato due anni fa, primo stralcio esecutivo già approvato, fondi disponibili.

Le aziende Kostruttiva e Thetis pronte da tempo. Fermi o quasi anche i lavori, a suo tempo definiti “urgenti” per la difesa della Basilica. Progetto presentato nel febbraio del 2020, bloccato proprio dalla Spitz. L’inverno 2022 per fortuna non ha portato molte acque alte. In caso contrario la Piazza sarebbe rimasta di nuovo esposta ai danni. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:mose

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia