Mose: le “spese pazze” dell’era Mazzacurati

Cifre da capogiro nella relazione trimestrale inviata dai commissari a Cantone: tra i beneficiari anche l’ex ministro Savona

VENEZIA. A Giovanni Mazzacurati, il presidente-direttore, 30 milioni di euro in otto anni. Ai commissari 300 mila euro l’anno. Dopo lo scandalo, un risparmio notevole sulla governance e gli stipendi del Consorzio Venezia Nuova.

Quanto costano davvero i dirigenti del Mose? Si parla con insistenza in questi giorni dell’arrivo di un terzo commissario per la grande opera. O di un commissario unico legato alla legge Sblocca cantieri, peraltro ancora «bloccata» in Parlamento.

Le cifre di quanti soldi pubblici vengono spesi per i «dirigenti» del Mose si possono ricavare dalla relazione periodica che gli amministratori straordinari inviano – ogni tre mesi – al presidente dell’Anac Raffaele Cantone con il rapporto dell’attività svolta e le spese sostenute.

Il costo per lo stipendio di un commissario straordinario è oggi di 300 mila euro. 240 mila euro per il Consorzio, 60 mila per la gestione dell’altra azienda commissariata, la Comar srl, società di proprietà delle grandi imprese del Mose che gestiva gli appalti dei materiali, dove sono state segnalate negli anni molte irregolarità. I commissari oggi sono due, l’Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo e l’ingegnere Francesco Ossola. Costo totale, dunque, 600 mila euro. Diventerebbero 900 se ne dovesse arrivare un altro.

Ma quanto costava la governance del Consorzio? Negli otto anni di governo da presidente, prima dell’arresto nel luglio 2013, l’ingegnere Giovanni Mazzacurati si era attribuito un compenso annuo di due milioni e mezzo di euro. Negli otto anni di governo ha dunque percepito, si riporta nelle tabelle consuntive, 24 milioni 715 mila 406 euro e 45 centesimi.

Dal 1 gennaio del 2000 Mazzacurati svolgeva anche la funzione di direttore, e ha percepito per quello altri 7 milioni e 310 mila euro. Senza contare ovviamente i premi e i benefit ampiamente documentati nelle intercettazioni dell’inchiesta Mose.

Totale, oltre 30 milioni. Su cifre sempre consistenti, ma di molto inferiori viaggiavano i suoi predecessori. Così Paolo Savona, ministro del governo Prodi e oggi tornato al governo con i gialloverdi di Salvini e Di Maio, presidente dal febbraio del 2000 al giugno del 2005, che ha guadagnato in cinque anni 1 milione e 200 mila euro, poco più di 230 mila l’anno.

O Franco Carraro, ex ministro socialista e presidente del Coni, (dal 1995 al 2000) con 748 mila euro. E infine Mauro Fabris, vicentino, anche lui con un passato in politica nelle file della Dc, a cui Mazzacurati aveva passato il testimone prima dell’arresto, nel luglio 2013, che ha percepito 658 mila euro per un anno e mezzo di presidenza.

Il «taglio» del dopo scandalo ha riguardato soprattutto i dirigenti. Nel 2010, anno di massima espansione dei lavori del Mose, ce n’erano ben 15, per 5 milioni di spesa: Flavia Faccioli, Roberto Rosselli, Giovanni Cecconi, Maria Teresa brotto, Giorgio Mainoldi, Federico Sutto, Johann Stocker, Nicoletta Doni, Alberto Bernstein. E poi Carmelo Pennino, Valentina Croff, Lucia Della Vecchia, Ornella Malusa, Alberto Baggio.

Adesso, dopo i «tagli» decisi dai commissari, i dirigenti sono rimasti soltanto due. L’amministratore delegato Giovanni Zarotti e la responsabile amministrativa Nicoletta Doni. Non ci sono più il direttore generale e il responsabile tecnico. Funzioni assunte dal commissario Ossola e dai suoi consulenti. Dal 2013 al 2015 il direttore Hermes Redi, titolare dello studio di consulenza Hmr di Padova, ancora oggi consulente del Mose, ha percepito dal Consorzio un milione e mezzo di euro, circa 750 mila euro l’anno. —


 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia