Mose, Chisso è ritornato in libertà
VENEZIA. Dopo due anni e quindici giorni trascorsi tra il carcere di Pisa e gli arresti domiciliari nella sua abitazione, stamane, l’ex assessore regionale Renato Chisso è libero. Alle 11.22 ha firmato gli atti nella caserma dei carabinieri di Favaro. Non ha rilasciato alcuna dichiarazione.
Ha scontato la sua pena: sempre difeso strenuamente dall’avvocato Antonio Forza, aveva patteggiato una pena di due anni, sei mesi e 20 giorni di reclusione senza la sospensione condizionale, per questo aveva dovuto rimanere nel carcere di Pisa.
Anche a lui, come per qualsiasi detenuto che si comporta correttamente, sono stati applicati i giorni di sconto (tre mesi all’anno) della pena che scattano ogni anno quando si sta espiando la condanna, così si è risparmiato i sei mesi che gli rimanevano ancora da scontare. Era stato arrestato il 4 giugno 2014 assieme a tutti gli altri imputati accusati di corruzione e altri reati nell’ambito dell’inchiesta sul Mose.
Anche Chisso è finito in manette sulla base delle rivelazioni fatte da coloro che erano stati arrestati in precedenza, cioè Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani, Claudia Minutillo, prima segretaria di Giancarlo Galan poi manager, Pio Savioli, rappresentante della coop rosse nel direttivo del Consorzio, e Nicolò Buson, il ragioniere e pagatore della Mantovani. Come Galan, anche l’ex consigliere regionale, si è sempre detto innocente: i due esponenti politici di Forza Italia hanno sempre negato di essere stati corrotti con i soldi del Consorzio consegnati all’ex ministro da Mazzacurati e l’ex assessore da Minutillo o Baita.
Hanno spiegato di aver deciso di patteggiare con i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini per uscire dal processo. Mentre a Galan è stata sequestrata villa Rodella sui Colli Euganei, a Chisso sono stati sequestrati 1600 euro, gli unici soldi che la Guardia di finanza ha rintracciato sul suo conto corrente bancario. Poi, c’era la villetta di Favaro dove abita, ma è intestata alla moglie, quindi la casa della figlia, ma appunto non intestata a lui.
Nessuno ha mai trovato quei soldi, eppure c’è chi ha raccontato che c’era il suo segretario, Enzo Casarin, pure lui finito in manette, che viaggiava spesso in direzione dell’Austria con una valigetta con gli euro che Chisso gli affidava per essere depositati in una banca d’Oltralpe. E l’ex assessore, comunque, non si fidava al cento per cento del suo uomo tanto da affiancargli un altro per contrllarlo: temeva che si trattenesse una parte di quel denaro.
La Procura veneziana con una delle numerose rogatorie ha chiesto anche alle autorità di Vienna, come a quelle svizzere e di altri paesi, di poter controllare nei forzieri austriaci ma dopo due anni sta ancora attendendo una risposta. Nella sentenza del patteggiamento, il giudice veneziano Massimo Vicinanza oltre ai due anni e mezzo e 20 giorni di reclusione aveva anche deciso per la eventuale confisca per il valore di due milioni qualora anche in futuro venissero rinvenuti somme di denaro o proprietà che a Chisso potessero far riferimento. La Guardia di finanza, infatti, aveva stabilito che nelle sue tasche erano finiti sei milioni di euro di mazzette, alcuni per lui, alcuni per Galan, che ora è l’unico degli imputati del Mose ancora in manette, agli arresti domiciliari.
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