Mose, cacciato dopo l’arresto Chisso contesta il licenziamento

L’ex assessore regionale lavorava alla Carive: «Ho patteggiato la pena, respingendo sempre le accuse» Ieri prima udienza davanti al giudice del lavoro Luigi Perina: la decisione è fissata per il 28 settembre
Di Giorgio Cecchetti
agenzia candussi, giornalista chiarin. Renato chisso presso Carabinieri via san donà favaro veneto
agenzia candussi, giornalista chiarin. Renato chisso presso Carabinieri via san donà favaro veneto

L’ex assessore regionale Renato Chisso contesta il licenziamento in seguito all’arresto e al processo per corruzione nella vicenda Mose. A cacciarlo, nel novembre di due anni fa, era stata la Cassa di Risparmio di Venezia, ora passata a Intesa San Paolo, di cui era un dipendente. Ieri, prima udienza davanti al presidente del Tribunale del lavoro Luigi Perina, che dopo aver sentito i legali delle parti, gli avvocati Antonio Forza per il ricorrente e Maurizio Trevisan per l’istituto di credito, si è riservato la decisione, convocando tutti per la prossima udienza del 28 settembre. Oltre ai legali, all’udienza di ieri, è intervenuto lo stesso Chisso, che dal 26 giugno scorso è libero dopo aver scontato buona parte della pena che aveva patteggiato: due anni, sei mesi e 20 giorni di reclusione (grazie allo sconto che ogni detenuto merita in caso di buona condotta ha risparmiato circa sei mesi). Chisso afferma di aver sempre contestato le accuse che gli sono state contestate e sostiene che patteggiare non comporta ammettere le responsabilità, quindi il licenziamento non sarebbe in conflitto con il codice etico che la banca si è data. L’ex assessore, che per anni non è entrato in banca perché si era dato alla politica, è stato licenziato un mese dopo aver patteggiato la sua pena: l’accordo tra il suo legale, l’avvocato Antonio Forza, e i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini era stato raggiunto nel mese di ottobre di due anni fa.

È stato liberato dopo due anni e quindici giorni trascorsi tra il carcere di Pisa e gli arresti domiciliari nella sua villetta di Favaro. Sempre difeso strenuamente dall'avvocato Forza, aveva patteggiato la pena senza la sospensione condizionale, per questo aveva dovuto rimanere nel carcere di Pisa. Era stato arrestato il 4 giugno 2014 assieme a tutti gli altri imputati accusati di corruzione e altri reati nell'ambito dell'inchiesta sul Mose. Anche Chisso era finito in manette sulla base delle rivelazioni fatte da coloro che erano stati arrestati in precedenza, cioè Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani, Claudia Minutillo, prima segretaria di Giancarlo Galan poi manager, Pio Savioli, rappresentante della coop rosse nel direttivo del Consorzio, e Nicolò Buson, il ragioniere e pagatore della Mantovani. Come Giancarlo Galan, anche l'ex consigliere regionale, si è sempre detto innocente: i due esponenti politici di Forza Italia hanno sempre negato di essere stati corrotti con i soldi del Consorzio consegnati all'ex ministro da Mazzacurati e all'ex assessore da Minutillo o Baita. Mentre a Galan è stata sequestrata villa Rodella sui Colli Euganei, a Chisso sono stati sequestrati solamente 1600 euro.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia