Mose a Venezia, consulenti non pagati da tre anni

Sono gli esperti del Cta, il Comitato tecnico del Provveditorato. E intanto si cerca di risolvere il nodo del commissario

Alberto Vitucci

VENEZIA. Gli esperti e i consulenti del Cta, il Comitato tecnico del Provveditorato alle Opere pubbliche di Venezia, non vengono pagati dal 2019. Notizia incredibile, perché i tecnici che fanno parte del Cta sono chiamati dal ministero delle Infrastrutture come organo consultivo a dare il parere - obbligatorio - su tutti i progetti delicati e strategici sulla salvaguardia della laguna e il Mose. E lavorano “gratis” da almeno tre anni.

Notizia che arriva proprio nei giorni in cui si discute del compenso milionario da corrispondere al commissario liquidatore del Consorzio Venezia Nuova, il commercialista Massimo Miani.

Non è stata pagata Susanna Ramundo, ingegnere corrosionista, la prima ad avere denunciato qualche anno fa la preoccupante corrosione delle cerniere del Mose insieme al collega Gianmario Paolucci.

E nemmeno Dario Berti, ingegnere esperto che negli ultimi test sul Mose è stato invitato a non partecipare ai sopralluoghi dalla nuova “governance” del ministero guidata da Ilaria Bramezza, nominata dal ministro Giovannini.

Insomma, una situazione anomala a cui adesso il Provveditorato cerca di mettere fine. Incredibile che mentre girano cifre milionarie per i commissari e i loro consulenti, o per ex dirigenti del provveditorato (allora Magistrato alle Acque) come Giampietro Mayerle, che ha chiesto due milioni di arretrati, i consulenti dell’ente pubblico lavorino gratis.

Sperequazione evidente tra gli stipendi di un dirigente dello Stato (del Provveditorato) e i privati che non va bene. «Genera, anzi alimenta la corruzione», ha scritto qualche giorno fa l’ex Provveditore Cinzia Zincone. Intanto il Mose non è finito, i cantieri cominciano a riaprire dopo un blocco di un anno. Dei ritardi non si fa carico nessuno. Anzi, le imprese che ne sarebbero state responsabili sono state “beneficiate” dall’accordo transattivo. Una sorta di condono per sanare i debiti pregressi e i contenziosi e mantenere in vita il Consorzio monopolista creato nel 1984. Così Miani, dal 2020 commissario liquidatore, ha presentato la parcella. Stando ad alcune norme forse poco note anche al legislatore il suo compenso deve essere in proporzione al valore dell’opera, sei e miliardi e mezzo di euro. Dunque, 5 milioni, che potrebbero esser ridotti a meno di un terzo tagliando alcuni “extra”.

Sempre una cifra esorbitante. Che va a sommarsi a quella degli altri commissari passati e presenti. E al plotone di consulenti necessario ai commissari per svolgere la loro attività che doveva essere “straordinaria”. Milioni di euro. Mentre i soldi per gli esperti del Cta – cioè dell’organo dello Stato che in sostanza dovrebbe controllare i progetti presentati dai privati – non si trovano. Un groviglio che l’estate non ha dipanato. Adesso il timer è ripartito. Il Mose, hanno annunciato la commissaria Spitz e la direttrice Bramezza, “sarà concluso nel dicembre del prossimo anno”. Mancano però ancora pezzi importanti come gli impianti e gli interventi per la manutenzione, le conche di Malamocco e Chioggia.

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