L’ultima preghiera islamica in via Piave: Brugnaro ordina lo sgombero
La Polizia locale ha notificato la sentenza del Consiglio di Stato che dà torto all’associazione islamica: due settimane per ripristinare l’uso commerciale dello spazio di Mestre

Un giorno per l’ultima preghiera, quella del venerdì, poi due settimane per restituire i locali alla loro destinazione d’uso originaria, quella commerciale. Per il centro islamico di via Piave, a Mestre, insomma, ormai le ore sono letteralmente contate.
La sentenza del Consiglio di Stato che metteva la parola fine all’uso religioso dello spazio che fu supermercato era già nota - e già aveva suscitato feroci voci di protesta nella comunità bengalese - il 18 aprile però la pronuncia di palazzo Spada è stata notificata dalla polizia locale ai rappresentanti dell’associazione Ittihad e, così, è diventata un fatto concreto, con scadenze concrete: entro ventiquattro ore dalla consegna dell’avviso devono cessare tutte le attività, entro quindici giorni lo spazio va riportato alla sua conformità urbanistica; tradotto: niente più stuoie, niente preghiere, niente riunioni.
L’ultima preghiera del venerdì
I fedeli islamici sono riusciti a riunirsi per l’ultimo appuntamento settimanale, alle 18 c’erano ancora soprattutto i bambini e, un po’ alla volta, arrivavano gli operai che smontavano dal turno pomeridiano, spingendo le biciclette attraverso le porte scorrevoli non più automatizzate, togliendosi le scarpe, raggiungendo il fondo dello stanzone (o, in qualche caso, l’ombra di una colonna) e poi iniziando con le genuflessioni.
«Per noi è una battaglia storica e di civiltà, ne va del diritto a esprimere la propria fede, sancito dalla Costituzione e inviolabile», ribadiva nei giorni scorsi Samrat Bim Abdullah, il referente della comunità islamica bengalese di via Piave, che non ha esitato a ventilare pesanti manifestazioni per contrastare la sentenza: era arrivato a minacciare un blocco del ponte della Libertà attraverso un sit-in da migliaia di persone.
La proposta, in realtà, è stata poi moderata, anche perché le forze dell’ordine veneziane avevano immediatamente risposto con la gelida sicurezza di uno sgombero immediato.
Gli altri centri
L’ex Pam all’angolo con via De Amicis non è l’unico centro di preghiera presente nel territorio. Il punto di riferimento per i musulmani provenienti dai vari Paesi stranieri, dove convergono fedeli di moltissime nazioni, si trova in via Lazzarini a Marghera; via Monzan c’è un altro capannone trasformato in luogo di culto e ristrutturato; sempre nella città giardino, in via Paolucci 38, c’è uno dei luoghi eletti dalla comunità bengalese, che ha acquistato anche l’ex cinema Ariston.
Diversi sono i capannoni adibiti a sale di preghiera capienti, nell’area di via Torino e via Ca’ Marcello: i principali si trovano in via Linghindal cui fa capo l’associazione Masjid Mestre-Mosque, e in via Paganello. In ambito interreligioso, nel Veneziano ci sono circa 25 centri culturali islamici censiti dalle forze di polizia, (ma il dato è aggiornato al 2023): quello di Quarto d’Altino, sempre di proprietà, nel Miranese, in Riviera del Brenta, San Donà, Jesolo, uno anche nel Portogruarese.
Oggi il sogno è quello della moschea - una moschea a tutti gli effetti - in via Giustizia, dove sorge l’ex segheria Rosso. Un sogno che ha i fondi e anche la benedizione (laica) del sindaco Luigi Brugnaro, che solo dodici giorni fa la indicava come l’unica soluzione proprio per il caso di via Piave. —
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