Morto Pedrocco, coscienza del ’700
VENEZIA. Quello che colpiva in lui era la leggerezza, che faceva da contrasto con la sua figura massiccia. L’ironia lieve e un po’ sorniona con cui, sorridendo con gli occhi chiari, con il mezzo toscano all’angolo della bocca, narrava del suo museo e dei protagonisti del Settecento artistico veneziano, con la competenza del grande studioso, ma pianamente, senza alcuna enfasi, condendo la sua narrazione dell’aneddoto o del particolare curioso che ti lasciava stupefatto. O ti faceva sorridere a tua volta. Filippo Pedrocco se n’è andato così, a 63 anni, con la stessa leggerezza con cui ha vissuto, al termine di una malattia che aveva combattuto in silenzio e con fermezza, lasciando un grande vuoto nella cultura veneziana autentica - non quella esibita nei salotti - e nella conoscenza della storia dell’arte veneziana del Settecento, di cui era maestro. Ma anche qui, senza esibirlo, lasciando che parlassero per lui i suoi libri o la curatela delle mostre.
Era stato l’allievo prediletto di Terisio Pignatti, si era laureato con lui e aveva iniziato da subito a lavorare al Dipartimento di Storia dell’Arte dell’università veneziana, con l’amico Massimo Gemin. Nel dicembre 1978 diventa conservatore del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Museo Correr, di cui negli anni successivi realizza, proprio assieme a Pignatti, il primo catalogo dei disegni. Con il maestro firma anche numerose monografie sui pittori veneziani: Giorgione, Tiziano, Veronese. Ma è al Settecento veneziano che egli dedica le maggiori energie. La monumentale monografia, compiuta proprio assieme a Massimo Gemin, sull’amato Giambattista Tiepolo, quelle su Michele Marieschi e Antonio Guardi a quattro mani con Federico Montecuccoli degli Erri, gli scritti sui vedutisti, i volumi su Palazzo Labia e Ca’ Vendramin. La sua bibliografia è del resto sterminata e ai lavori scientifici alterna quelli di divulgazione, a dimostrare la sua duttile facilità di scrittura.
Nel 1983 assume anche la direzione di Ca’ Rezzonico. La rinascita del museo con gli importanti lavori di restauro, conclusi nel 2001, reca la sua firma, così come le grandi mostre che vi si succedono, portandolo alla ribalta internazionale. Si pensi ad esempio a Splendori del Settecento veneziano, organizzata insieme alla National Gallery di Washington e alla Royal Academy di Londra (1995), e soprattutto alla memorabile monografica su Giambattista Tiepolo con il Metropolitan Museum of Art di New York (1996). La cura e la passione per la sua “seconda casa” è attestata anche dalle importanti donazioni, di cui è stato l’attento regista, che hanno arricchito il museo con la Pinacoteca Martini e la collezione Mestrovich. Anche i più recenti progetti espositivi sul Settecento realizzati dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, dalla mostra su Guardi fino agli Archivi del Vedutismo inaugurati dalla recente mostra su Pietro Bellotti, nascono da sue proposte, nonostante la malattia che ne minava le energie. Per questo il vuoto che lascia, a Venezia, non sarà facilmente colmabile. (e.t.)
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