Morto folgorato per rubare rame
Pensava che la corrente ormai non passasse più, e che sarebbe stato semplice entrare e impossessarsi dei cavi di rame, l’oro rosso, uno dei materiali oggi più preziosi, in una fabbrica ormai abbandonata. Ma il tentativo di furto si è trasformata in tragedia.
Lili Tavani, operaio albanese di 33 anni, che a abitava a Brembate, nel Bergamasco, è morto folgorato nel tentativo di rubare il rame dei cavi della cabina elettrica dell’area ex Sirma, nella fabbrica dove stava lavorando, autorizzato, per bonificare le lastre di cemento e amianto. A confermarlo, mercoledì sera ai poliziotti, è stato Mema Betim, 31 anni, uno degli altri due operai al lavoro, tra i quali il fratello della vittima, Robert Tavani, 30 anni. Entrambi sono stati denunciati per tentato furto. Lili - secondo la ricostruzione del collega - avrebbe tirato una pedata per aprire la porta della cabina elettrica di media tensione, ventimila volt, e una volta entrato sarebbe stato subito colpito dalla violenta scarica elettrica, che non gli ha lasciato scampo. I tre operai erano al lavoro per conto della ditta Elios di Piacenza, incaricata dalla “Magazzini generali di Venezia”, una delle tante società del gruppo di Stefano Gavioli, di bonificare la parte dello stabilimento con le lastre di eternit. Dopo l’arresto di Gavioli, le sue imprese erano state affidate a curatori fallimentari e a dicembre l’area dell’ex Sirma era stata posta sotto sequestro dal pubblico ministero Giorgio Gava, per la presenza di rifiuti pericoli. L’intervento di bonifica era però stato concesso dal pm, in accordo con il custode dell’area, il commercialista veronese Claudio Girardi. Un intervento affidato alla Elios, e limitato ad alcune parti dello stabilimento. Nelle altre aree sequestrate vigeva il divieto d’accesso.
Un divieto ignorato dai tre operai che, contando sul fatto di lavorare soli in un’area molto vasta, e probabilmente con l’idea che l’intera fabbrica fosse comunque abbandonata, avevano deciso di raccogliere pezzi e cavi di rame trovati in giro. Quello di mercoledì doveva essere l’ultimo giorno di cantiere. Lili Tavani, poco dopo le 15, ha deciso di entrare nella cabina elettrica che si trova a circa 700 metri dall’ingresso della fabbrica, lungo il viale principale sul quale si affacciano i diversi capannoni. Una cabina di media tensione, una casetta di calcestruzzo, dalla pianta di circa cinque metri per cinque. L’operaio pensava che la cabina fosse stata staccata, ma non poteva sapere che, nonostante effettivamente non servisse più ad alimentare la fabbrica come quando, anni fa, produceva mattoni refrattari, la linea elettrica era ancora attiva. Una volta abbattuta la porta, l’uomo è morto folgorato, gettando nella disperazione il fratello che, per la rabbia, ha preso a pugni la portineria dell’ingresso, rimediando una grave ferita al braccio, tanto da rendere necessario l’intervento dei medici del Suem e il trasporto in ospedale per le medicazioni, mentre nulla hanno potuto fare i medici per Lili, morto sul colpo a causa della scarica elettrica. Subito dopo l’incidente - che in primo momento aveva assunto i contorni di un incidente sul luogo di lavoro - in via della Chimica erano arrivati vigili del fuoco, Suem, tecnici Enel, i poliziotti della Scientifica e della Digos, che sempre interviene in casi di incidenti all’interno dell’area industriale di Marghera.
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