Morire soli in ospedale. La svolta: l’Usl apre l’Ufficio bioetica su tutti i temi del fine vita
MESTRE. «Mi scuso con la famiglia che ha dovuto vivere questo momento triste. Siamo vicini ai sentimenti che sta provando il figlio». Le scuse del direttore generale dell’Usl 3 Serenissima Edgardo Contato dirette a Davide Dall’Armi, avvisato solo dopo 12 ore della morte del padre Renzo, 91 anni, il 17 gennaio scorso all’ospedale di Mirano, sembrano quasi voler essere estese a tutti i familiari di pazienti deceduti in solitudine nei nosocomi nei lunghi mesi della pandemia.
Dall’Armi ha dato voce attraverso la Nuova alla sua amarezza di figlio, così come Antonietta Garbujo, che ha perso il 30 gennaio la madre Natalina, ricoverata a Dolo per una frattura al femore e diventata positiva al Covid, senza neppure poterle tenere la mano un’ultima volta. «A volte può succedere qualche incidente di percorso e di questo me ne rammarico», ha dichiarato il dg in una intervista ad Antenna 3, «La sanità da due anni sta vivendo un momento particolare. Anche le difficoltà, lo stress, la pressione possono portare a gesti che vanno condannati e per i quali stiamo adottando i provvedimenti del caso».
Visite in ospedale, oggi
«Gli ospedali del Veneto devono essere al servizio di tutti i cittadini, non solo di quelli affetti da Covid. Quindi chi ha avuto la dose booster con le dovute cautele deve entrare negli ospedali», aggiunge il direttore generale. Nell’ondata di Covid degli ultimi mesi, gli ospedali non sono mai stati chiusi alle visite. I familiari hanno accesso ai reparti, seppur con orari ridotti. Ma gli stessi reparti chiudono, secondo quanto disposto dalla normativa nazionale e regionale, se si è sviluppato un focolaio all’interno. «L’attenzione al fine vita resta alta, ma quando c’è un cluster scatta una regola diversa, ovvero diventa prioritaria la tutela della salute dei pazienti», spiegano dall’azienda Serenissima.
L'Ufficio di bioetica
La pandemia ha imposto all’Usl 3 di implementare, ed anzi di accelerare l’istituzione di strumenti per una corretta relazione tra sanitari, pazienti e familiari su temi delicati quali appunto il fine vita. Dal 14 dicembre scorso è stato costituito l’Ufficio di bioetica, unico esempio in Veneto oltre all’analogo strumento offerto a Padova.
«Si tratta di un servizio con funzione di consulenza e supporto sui temi etici - e non legali - in sanità e si pone a fianco del personale sanitario, oltre che di familiari e pazienti», spiega il dottor Giovanni Poles, componente del Comitato etico per la pratica clinica e responsabile delle Cure palliative dell’Usl Serenissima.
«Si occupa principalmente di consulenze finalizzate al caso specifico sollevate da familiari o da sanitari rispetto a fine vita, inizio vita, valutazioni sulle modalità di approccio o interruzione dei trattamenti, gestione del consenso informato e delle disposizioni anticipate di trattamento, ma anche di questioni molto più pratiche come ad esempio le trasfusioni».
L’Ufficio di bioetica, pur nella complessità degli argomenti affrontati, è uno strumento “smart” che l’Usl ha voluto per intervenire in maniera più rapida sulle questioni che non necessitano di attendere la convocazione del Comitato etico per la pratica clinica, istituito nel 2008 e presieduto dalla dottoressa Giovanna Zanini, bioeticista. Nello stesso atto costitutivo viene definito come “base operativa del Comitato etico”.
«Il Covid è stato il motivo che ha accelerato l’istituzione dell’Ufficio di bioetica, anche dopo l’input arrivato da alcune criticità sollevate da familiari e sanitari. L’azienda sanitaria ha deciso così di accelerare», chiarisce il dottor Poles, «L’Ufficio è chiamato ad una risposta ai singoli casi in una cornice generale. C’è un grande lavoro da parte dei reparti che ci interpellano sul fine vita, anche per quanto riguarda la dimensione relazionale. Il periodo Covid ha messo in difficoltà tutti. I sanitari in primis hanno chiesto come supportare i familiari».
Proprio per questo, spiegano dall’Usl, «Il Comitato in questi mesi ha avviato una riflessione sul tema della relazione e della comunicazione tra familiari e ricoverati, avendo come obiettivo l’elaborazione di raccomandazioni etiche sull’argomento, a cui seguirà una formazione specifica nelle diverse unità operative».
L’analisi dei casi
L’Usl ha disposto recentemente anche un’analisi delle situazioni più critiche portate all’attenzione dei primari ospedalieri e delle relative buone pratiche messe in atto nei confronti di familiari e pazienti ricoverati. Questi casi, verificatesi nel corso dell’intera pandemia, saranno analizzati nel contesto della situazione pandemica di quel preciso momento e nel contesto della contemporanea situazione del reparto.
Il figlio: «Io continuo la mia battaglia contro omertà e scarsa umanità»
«Ciò che ho fatto e sto facendo mi “costa”, ma credo sia doveroso da parte mia cercare di abbattere il muro di omertà e scarsa umanità. Perdere una persona cara è un’immane tragedia, e perderla sapendo che sta affrontando “l’ultimo passo” in totale solitudine è semplicemente inumano ed indegno in un paese che si definisce civile».
Davide Dall’Armi, figlio di Renzo, continua la sua personale battaglia contro le morti nella solitudine di chi si trova ricoverato in reparti Covid o comunque chiusi un cluster. Dopo la denuncia dalle colonne del nostro giornale, Davide ha dato voce alla propria storia attraverso i media locali e nazionali. Il profilo Facebook di Dall’Armi è diventato crocevia di storie da tutta Italia raccontate da figli, mogli, mariti che hanno perso il proprio caro senza neppure potergli stare accanto.
«Non cerco popolarità», chiarisce Dall’Armi su Fb, «ma lo faccio spontaneamente e solamente per dare voce a ciò che è accaduto a me ed a moltissime altre persone che stanno soffrendo per l’incolmabile dolore per la perdita di un loro caro e che hanno dovuto subire anche l’impotenza di non poterlo abbracciare, salutare ed accompagnare negli ultimi istanti di vita».
Intanto all’Usl 3 è stata recapitata una lettera firmata dal “Libera Associazione Familiari Vittime Covid 19”, che conta un migliaio di iscritti in tutta Italia, alcuni nel Veneziano: «Siamo le figlie, le sorelle, le mogli, i mariti, i figli, i fratelli, i nipoti, gli amici, di migliaia di deceduti per Covid a cui il diritto inalienabile di stare accanto ai propri cari durante la degenza e prima e dopo il trapasso è stato ingiustificatamente negato ed esprimiamo il nostro sgomento e la nostra rabbia nel constatare che tante altre famiglie debbano vivere quello che abbiamo vissuto noi», si legge.
La stessa associazione, in una seconda comunicazione, va in pressing con l’Usl: «A marzo 2021 avevate parlato di un documento che avreste stilato, una sorta di vademecum per evitare altre morti in solitudine. Ci potreste spiegare qual è la funzione del Comitato etico se continua a succedere tutto questo?». —
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