Morì sugli sci a nove anni, assolti l’accompagnatore e il presidente della funivia

Mestre, la perizia tecnica aveva già alleggerito di molto la posizione dei due imputati per la morte di Andrea Rossato
andrea rossato
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MESTRE. La perizia tecnica aveva già alleggerito di molto la posizione dei due imputati per la morte di Andrea Rossato, il bimbo mestrino di 9 anni, tesserato con lo Sci Club Nottoli di Vittorio Veneto, che morì il 5 marzo 2011 lungo la variante bassa del Canalone della Tofana a Cortina. Ieri per Luigi Pompanin, presidente della Ista Gestione impianti a fune di Cortina, e per l’accompagnatore Giuseppe Bisotto, mestrino, è arrivata in Corte d’Appello l’assoluzione dall’accusa di omicidio colposo perché il fatto non sussiste.

Una sentenza, letta dal presidente Alessandro Apostoli Cappello, che è andata a stravolgere il pronunciamento di primo grado: nel 2016 i due erano stati condannati dal tribunale di Belluno a un anno, oltre che al maxi risarcimento, in solido con le Generali, assicurazione della pista, di 2 milioni di euro alla famiglia. In Appello il reato è andato prescritto, ma già Bisotto, difeso dall’avvocato Claudio Beltrame, aveva rinunciato alla prescrizione, puntando all’assoluzione nel merito, e lo stesso hanno fatto ieri gli avvocati Tito Boscarolli e Paolo Ghezze per Pompanin.

In secondo grado la famiglia Rossato, con gli avvocati Renzo Fogliata e Anna Zampieron (deceduta l’altroieri) si era costituita solo nei confronti di Pompanin e delle Generali. Ma tra le parti nei giorni scorsi è stato raggiunto un accordo transattivo che ha comportato in apertura dell’udienza di ieri il ritiro della costituzione. La mamma di Andrea era comunque presente in aula.

Lo stesso sostituto procuratore generale Antonio De Lorenzi, al termine della requisitoria, ha chiesto l’assoluzione, in linea con gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio disposta dalla Corte d’Appello, che non era stata fatta in primo grado. Dall’accertamento era emerso come l’albero contro cui Andrea andò a schiantarsi non dovesse essere segnalato poiché non rappresentava un pericolo anomalo che meritasse particolari segnalazioni, a differenza di buche profonde o cannoni per l’innevamento.

Tra l’altro il bambino era uno sciatore provetto. La difesa di Pompanin ha evidenziato la dinamica indefinibile dell’incidente. L’avvocato Beltrame ha invece sostenuto come il bimbo non fosse affidato a Bisotto ma ad un’altra persona e che l’evento è stato imprevedibile. «Per il mio assistito si è concluso un incubo durato otto anni, Bisotto ha sempre avuto la coscienza di non avere una qualche responsabilità», spiega l’avvocato Beltrame, «Abbiamo vinto il processo quanto abbiamo ottenuto dalla Corte la riapertura dell’istruttoria dibattimentale».


 

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