Morì giù dalla finestra del Civile. Mezzo milione di euro dall’Usl
VENEZIA. Era arrivato al pronto soccorso dell’ospedale Civile il 13 febbraio 2013, dopo che da una settimana lamentava forti dolori e soffriva di allucinazioni. Il 64enne veneziano P.P. era in cura già da tempo con una terapia antidepressiva e manifestava uno stato d’ansia per la mancata restituzione di un prestito ed i problemi economici conseguenti. Visitato al pronto soccorso e poi da uno psichiatra, era stato ricoverato nel reparto di Medicina I.
E questo nonostante le proteste della moglie che chiedeva di poter ricoverare il consorte in Psichiatria, così da tenerlo sotto controllo ed evitare gesti autolesionistici. La sera stessa, il paziente era scappato dal reparto e aveva dato fuoco alla porta della chiesa dei Mendicanti all’interno dell’ospedale, venendo sorpreso dalla guardia giurata. Riportato in Medicina I, aveva dato calci e pugni al personale che cercava di calmarlo, riuscendo anche a prendere la forbice dal taschino della divisa di un infermiere, minacciando poi lo stesso personale. Alle 6 della mattina successiva, il paziente diceva di vedere una testa mozzata sul letto. Poi aveva allagato il reparto. Alle 9.10 era caduto dalla finestra del bagno (gesto estremo o allucinazioni?) dopo essere salito su uno sgabello. Aveva battuto la testa su alcune travi di marmo ed era morto.
Da allora è iniziata la battaglia della famiglia, con l’avvocato Jacopo Stefani, per avere giustizia. Il medico del Civile che aveva in cura P.P. ha già patteggiato in penale. Ma è dell’altro giorno la sentenza della giudice civile Francesca Orlando che ha riconosciuto un risarcimento danni di quasi 500mila euro che l’azienda sanitaria 3 Serenissima dovrà pagare alla moglie e alla figlia del paziente. Dal canto suo, l’Usl si è battuta per il rigetto della domanda risarcitoria, non riconducendo l’evento ad alcun profilo di responsabilità medica o paramedica. La decisione del giudice è basata sul fatto che, si legge nella sentenza, «Una maggior protezione e vigilanza del paziente e/o il ricovero nel reparto psichiatrico dell’ospedale anziché in quello di Medicina generale avrebbe potuto evitare l’evento mortale». Per il giudice, dunque, «Va accertato sia che il decesso di P.P. è avvenuto per colpa dell’azienda sanitaria, sia il nesso causale tra il fatto e l’evento».
Il consulente nominato dal tribunale ha accertato profili di negligenza, imprudenza e imperizia in capo al personale dell’azienda ospedaliera. Viene riportato nella sentenza che il ctu «ha ritenuto che l’incidente occorso a P.P. - sia nel caso di ipotesi accidentale che in quella di suicidio - sia correlato ad una condizione di scompenso psicotico con spunti deliranti e allucinatori che un ricovero nel reparto psichiatrico, anziché in quello di Medicina generale, avrebbe potuto evitare. Ha pertanto accertato che il defenestramento di P.P. è stato conseguenza alla inadeguata condotta professionale del medico». Di qui l’accertata responsabilità dell’azienda sanitaria Serenissima che dovrà versare 276mila euro alla moglie del paziente, tenuto conto delle gravi modalità del decesso, dell’età dei coniugi e del danno biologico patito, e 200mila euro alla figlia, oltre agli interessi ed a 27mila euro di spese processuali. La sentenza potrà essere impugnata davanti alla Corte d’Appello. —
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia