Morì a 14 anni, medico a processo
SAN MICHELE. Sarà l’istruttoria dibattimentale del processo al via a Udine dal prossimo 12 febbraio a stabilire se la morte di Veronica Surian, la 14enne di San Michele al Tagliamento deceduta l’8 gennaio 2014 all’ospedale di Udine, dopo sei giorni di coma farmacologico, debba essere attribuita o meno a un errore nella diagnosi formulata dal chirurgo di guardia che la visitò al suo arrivo al Pronto soccorso di Latisana.
A stabilirlo è stato il gup del tribunale udinese, Emanuele Lazzàro, al termine dell’udienza preliminare celebrata ieri a carico di Giuseppe Cannarozzo, 59 anni, di Latisana. In aula anche la madre, il padre e il fratello di Veronica, che con il legale che li assiste, avvocato Antonella Gobbo, hanno scelto di non costituirsi parte civile nel procedimento, in vista del probabile avvio di una causa civile. Il pm Claudia Danelon, titolare dell’inchiesta, ha insistito per il rinvio a giudizio dell’imputato, mentre il suo difensore, avvocato Tiziana Odorico, che ha rinunciato a riti alternativi per portare in aula una serie di testimoni in grado di chiarire l’iter medico-diagnostico seguito quella sera e nelle ore precedenti, ha rilevato la difficoltà, se non proprio l’impossibilità, di riconoscere la patologia di cui la paziente era affetta.
Stando alla perizia depositata in Procura all’inizio dell’anno scorso dal medico-legale Antonello Cirnelli, Veronica soffriva di una malformazione congenita, un’ernia di Bochdalek al diaframma, rimasta latente e asintomatica fino a quando la ragazza, tra il 31 dicembre e il 1° gennaio del 2013, mentre si trovava alla festa di Capodanno nell’oratorio del suo paese, aveva cominciato a lamentare forti dolori addominali. Nel pomeriggio del 2 gennaio, la madre l’aveva accompagnata in ospedale. E lì, il chirurgo, che aveva voluto visitarla solo dopo avere acquisito gli esami ematici, aveva escluso la presenza di patologie di interesse chirurgico, diagnosticando una «sindrome gastroenterica».
I controlli erano tuttavia proseguiti, rilevando «un cospicuo versamento liquido in tutto l’addome». Nonostante ciò, ha contestato il pm, dopo almeno due successive richieste da parte della radiologa e della pediatra e di fronte a un quadro clinico in peggioramento, il dottor Cannarozzo aveva ritenuto di non doverla ulteriormente visitare. «All’errata diagnosi iniziale», quindi, si sarebbe aggiunta quest’ulteriore «imperizia». Veronica entrò in sala operatoria alle 21.30, cioè «con quattro ore di ritardo» e dopo sei ore dall’accesso in Pronto soccorso. Andata in «arresto cardiocircolatorio conseguente ad anossia celebrale», durante l’intervento, era stata trasferita d’urgenza al “Santa Maria della Misericordia” di Udine in coma farmacologico e lì era morta l’8 gennaio.
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