Moraglia a Villa Salus «Un sorriso per chi soffre»
Era atteso per le 10 a Villa Salus, ma alle 9.45 aveva già varcato la soglia dell'ospedale, passando sotto lo striscione colorato che preannunciava la sua visita. Il patriarca Francesco Moraglia non è certo persona abituata a farsi aspettare e neppure ieri, in occasione della giornata mondiale del Malato, ha voluto smentirsi visitando la struttura sanitaria privata che sorge lungo via Terraglio, gestita dalla congregazione delle suore mantellate serve di Maria.
È stato in tutti i piani della struttura sanitaria, parlando con medici, infermieri e pazienti, cui ha cercato di offrire una parola di conforto. «In me», ha spiegato, «molte persone vedono il proprio pastore; spesso basta uno sguardo, un sorriso o una carezza per rincuorare chi soffre. Siamo abituati a inseguire modelli di vita giovani, belli, scattanti e di successo, ma un uomo è tale anche quando le forze l'hanno abbandonato. In questo senso serve una rivoluzione culturale, perché una società che non aiuta chi è in difficoltà ha fallito su molti fronti».
Moraglia si è però anche rallegrato nel vedere come, proprio nella casa di cura mestrina, tanti tra i degenti potessero contare sulla presenza di figli e parenti, anche molto giovani. Al fianco del Patriarca anche il direttore generale dell'Asl 12, Giuseppe Dal Ben, che ha approfittato dell'occasione per sottolineare l'importante collaborazione tra sanità pubblica e privata, che proprio a Villa Salus vede esempi concreti, con la dislocazione dei reparti di oculistica e ortopedia e i 20 posti di hospice previsti entro l'anno: «Vogliamo che strutture come queste diventino un valido supporto intermedio tra le cure domiciliari e i ricoveri», ha specificato Dal Ben. «Qui il procedimento funziona e sta dando i suoi frutti».
Alla fine della visita Moraglia, accompagnato dalla direttrice generale suor Giuseppina e dal direttore generale vicario Mario Bassano, ha raggiunto il nucleo storico della struttura: davanti a un piccolo rinfresco ha recitato un'Ave Maria e benedetto gli operatori sanitari: «Ho potuto celebrare la Giornata del malato ricordandomi quando facevo il cappellano in ospedale».
Giacomo Costa
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