Mondiali. Anche a Twickenham si parla veneto

MESTRE. Il profilo di Twickenham si alza sulle casette basse e ordinate dell'elegante quartiere di Richmond con un'imponenza discreta, ma non gentile. Come una sorta di moderno Colosseo, quello che normalmente accade sull'erba del pitch più famoso del mondo colora infatti di una tonalità scura il fascino dello stadio che da venerdì sera ospita l'ottava edizione della Rugby World Cup. Il match di esordio è quello tra Inghilterra e Fiji, subito un test importante per gli inglesi che questo mondiale se lo vogliono giocare fino in fondo. Il giorno dopo, però, gli 82.000 sugli stands recentemente rinnovati per l'occasione vivranno le emozioni del derby latino del Sei Nazioni tra Francia e Italia. Già, perché l'esordio nella Pool D della banda di Brunel è proprio contro i galletti, 80 minuti già più o meno decisivi per le ambizioni di passaggio ai quarti di finale fin qui solo sfiorati in un paio di occasioni. Tra i 31 che fanno parte del gruppo azzurro, quattro si parlano tra di loro sfumando cadenze assorbite per nascita a cavallo tra Mestre, Mirano e San Donà: si tratta di Davide Giazzon, tallonatore, Simone Campagnaro, trequarti centro, Enrico Bacchin, trequarti centro, e Francesco Minto, terza linea. Tutti più o meno coetanei, una vita a scontrarsi tra campionati giovanili e selezioni varie, poi compagni di squadra al Benetton Treviso nella Pro12 celtica prima ancora che nell'Italrugby. «Tra veneziani e veneti in generale, effettivamente si parla quasi più in dialetto che in italiano» conferma il flanker Minto dal ritiro presso lo "Sports Park" di Surrey, avveniristica sede della Nazionale alle prese con la preparazione al delicatissimo match. Un trittico di amichevoli, quello che sta portando il gruppo alla sfida con i cugini, che nel doppio confronto con la Scozia aveva sollevato nubi nerissime sul cielo della squadra, poi spazzate dalla consistente performance al Millennium Stadium di Cardiff contro il Galles, trascinati dal rientro di un fondamentale Parisse, sicuro assente, però, proprio venerdì sera. «Ma chi giocherà al suo posto sarà ugualmente motivato: ci stiamo preparando bene, consapevoli del valore della Francia ma anche sereni nel sapere che se giochiamo il nostro rugby non partiamo battuti con nessuno. Contro di loro e contro l'Irlanda abbiamo già vinto in passato, dobbiamo pensare a questo e basta». Un lavoro certosino sulle rifiniture, perché in caso di gara tirata punto a punto, alla fine saranno quelle a decidere: «Con Brunel e lo staff stiamo ponendo un livello di attenzione molto alto su ogni singola fase, la Francia ha il potenziale per fare male in qualunque momento e per stare in partita non dovremo lasciare nulla al caso». Nel ritiro, intanto, le stanze sono tutte singole, ma di occasioni per stare insieme ce ne sono. «Tra noi siamo molto uniti, c'è un bel clima tra tutti, ma in generale io passo il tempo con Ugo Gori: lo conosco da una vita, abbiamo fatto un sacco di cose anche al di fuori dal rugby assieme, e poi è bravissimo ad analizzare partite ed allenamenti, è un maniaco dei particolari e questo a volte mi è molto utile prima di scendere in campo».
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