Monache di clausura nell’era di internet/FOTO

Ricevono lettere, telefonate, mail con richieste di consigli e di parole amiche. Loro pregano, studiano, lavorano, curano l’orto. E rispondono a tutti

VENEZIA. L’occasione è la ricorrenza di Santa Chiara, sabato scorso. Si chiude l’ottavo centenario dalla consacrazione e dalla nascita dell’ordine delle Clarisse. Un momento importante per le monache e non solo. Alle 18,30 messa solenne nella chiesetta del monastero della Santissima Trinità nell’isola della Giudecca. Celebra monsignor Giacomo Marchesan, vicario episcopale per la vita consacrata, con padre Mario Favretto, vicario provinciale dell’ordine dei frati minori cappuccini.

A conclusione della liturgia le monache di clausura offrono piccoli pani benedetti per rievocare uno dei due miracoli di Santa Chiara (un piccolo pane bastò per una cinquantina di religiose).

È radiosa l’abbadessa, madre Giovanna: «Ha partecipato quasi l’intera parrocchia. Frati, fedeli, turisti sono stati fra noi per un giorno».

I festeggiamenti per gli 800 anni sono iniziati lo scorso anno nella notte della domenica delle Palme. E la città lagunare ha visto momenti celebrativi, spirituali e culturali. Madre Giovanna precisa: «Il tempo di preghiera è stato intenso. Ogni mese una veglia e una riflessione su un capitolo della regola di santa Chiara. Poi, nel mese di maggio 2011, si è tenuto nel vicino convento dei padri cappuccini del Redentore un convegno. A Venezia risultano numerose tracce di monasteri delle Clarisse. Ad esempio in Piazzale Roma dove ha sede la Questura e nei giardini di Papadopoli».

La religiosa continua: «Qui custodiamo una reliquia e una statua lignea di santa Chiara». Sorride la monaca nel rievocarne la figura: «Fu la prima donna che scrisse una regola di vita per le donne. Ne chiese l’approvazione scritta a papa Innocenzo IV che gliela concesse rapidamente con una lettera bollata Solet annuire».

C’è dell’altro della loro famosa fondatrice. L’abbadessa spiega: «È stata proclamata patrona della televisione da papa Pio XII il 14 febbraio 1958 per una visione portentosa. Da ammalata, era nel suo monastero di San Damiano, seguì la celebrazione eucaristica che si stava svolgendo nella notte di Natale 1252 presso la basilica di san Francesco in Assisi».

Come la sorella Chiara le sette Clarisse veneziane vivono e propongono il Vangelo.

«È una norma di vita semplice, valida per tutti». Una grata le separa dal mondo, ma ogni giorno quel mondo le cerca in un crescere di richieste di aiuto. Loro incontrano persone, ricevono lettere, telefonate e mail. Instancabili ascoltano, consolano, pregano.

«Le principali preoccupazioni sono per la salute e per il lavoro. Il passaparola è continuo, numerose richieste arrivano dalla terraferma».

Forte è il legame con la diocesi: «Abbiamo conosciuto le simpatiche suore messicane collaboratrici del patriarca Moraglia. Speriamo di averlo presto tra noi. Ci sentiamo nel cuore della città e preghiamo per Venezia».

Nel monastero la giornata inizia all’alba. Le lodi al Signore costituiscono il centro e il culmine della vita delle religiose. Alla preghiera alternano lo studio e il lavoro in portineria, in cucina, in sacrestia.

La cura dell’orto è affidata a madre Beatrice. Un grande cappello di paglia la protegge dal sole.

Orgogliosa, mostra alcuni suoi prodotti: carote, pomodori, fagiolini, rape. Poi gli alberi, la vite, l’olivo, il melo, il pero, il pruno.

Dal terreno spunta un ortaggio infrequente. La religiosa lo raccoglie: «È lo spinacio rampicante. Il suo gusto è davvero delicato».

È ormai l’una, un povero si avvicina al portone. Gronda sudore. Con un filo di voce chiede: «Avreste qualcosa da mangiare? Non ho coraggio di andare dai frati. Sono arrivato in ritardo per il pranzo».

Una monaca gli allunga subito un sacchetto di cibo. Povertà, fraternità, minorità è la regola di Santa Chiara.

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