Molotov al cantiere Mose interrogato il commissario
Terzo testimone, ieri, in Procura sentito dall’aggiunto Adelchi D’Ippolito sulle bottiglie molotov trovate sotto i tre mezzi movimento terra presso il cantiere di San Nicolò del Mose. Dopo il presidente della Mantovani Cesare Damiano e quello della Fincosit Vito Gamberale, è stata la volta di uno dei tre commissari del Consorzio Venezia Nuova, Luigi Magistro, nominato dal prefetto di Roma su input di Raffaele Cantone.
Per Magistro non toccava al Consorzio occuparsi della sicurezza del cantiere o, meglio, dei mezzi meccanici, lasciando intendere che sarebbe toccato alle due imprese tenere d’occhio i propri mezzi. «Non toccava a noi» ha dichiarato all’uscita della testimonianza durata poco più di mezz’ora. Ma almeno le telecamere nei cantieri? «Non si risolve con le telecamere» ha risposto sorridendo ed entrando in ascensore per andarsene definitivamente. Prima, però, ha negato, anche se con un pizzico d’imbarazzo, la possibilità che vi siano screzi e scontri tra imprese che lavorano alle tre bocche di porto e che fanno parte del Consorzio o che hanno in subappalto interventi.
Al procuratore aggiunto, che coordina le indagini e che è in attesa dei risultati degli esami di laboratorio compiuti dai carabinieri del Ris sulle bottiglie, sugli zampironi usati per l’accensione sul loro contenuto, Magistro avrebbe decisamente negato di aver ricevuto minacce o anche di aver sentito parlare di minacce nei confronti del Mose. Insomma, nessuna lettera, nessuna e-mail, nessuna scritta e nessuna telefonata che può far pensare al terrorismo ecologista, di coloro che vogliono a tutti i costi bloccare il progetto delle paratie mobili per i danni che potrebbero recare alla laguna e per i miliardi di euro spesi dallo Stato. Del resto, lo stesso, almeno per quanto riguarda le rispettive imprese, avevano sostenuto Damiano e Gamberale, sostenendo di non aver ricevuto avvertimenti o minacce.
Nessuna ipotesi d’indagine, per ora, è stata esclusa, neppure quella che si possa essere trattato di un avvertimento tra grandi o piccole imprese dovuti a screzi per i lavori, per le ripartizioni dei fondi. Insomma, i tre commissari al vertice dell’associazione d’imprese da alcuni mesi potrebbero scoprire maggiori dettagli e situazione tra le pieghe del Consorzio, che raccoglie oltre cinquanta ditte tra grandi e piccole, tra nazionali e locali, piuttosto che i carabinieri con i controlli sulle molotov. Certo che se ci fossero state le telecamere probabilmente non avrebbero impedito che quelle otto bottiglie piene di liquido infiammabile fossero posizionate sotto i tre mezzi, ma avrebbero certo aiutato a capire da dove provenivano.
Giorgio Cecchetti
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