«Molestò mia figlia, è ancora qui»
CHIOGGIA. «L’ho tenuto fermo fino all’arrivo della polizia. Lui mi insultava e cercava la rissa, ma sono riuscito a trattenermi e, alla fine, lo hanno arrestato. E adesso farò di tutto per farlo espellere». È arrabbiato,a dire poco, Marino Masiero, imprenditore padovano trapiantato a Chioggia. Ce l’ha con un uomo che, l’altra sera, ha aggredito e molestato sua figlia ventenne in pieno centro a Verona. Si tratta di un giovane marocchino ma il punto non è la nazionalità, è che l’uomo era ubriaco e quel gesto potrebbe ripeterlo molte altre volte.
Aggredita. «Eravamo andati a vedere uno spettacolo all’Arena», racconta Masiero, «poco prima di mezzanotte, insieme a mia moglie, in via Mazzini, mi ero fermato a parlare con una delle cantanti che si erano esibite, perché volevo proporle di venire anche a Chioggia, in una prossima occasione. Mia figlia, con un’amica, stava guardando le vetrine, venti-trenta metri più in là. Ad un certo punto le si è avvicinato questo tizio, palesemente ubriaco, che ha biascicato qualche parola, ha fatto qualche sorriso e poi ha allungato le mani, toccandole il seno. Ho sentito mia figlia urlare e mi sono precipitato sull’uomo, bloccandolo».
Rabbia. E’ stato a questo punto che Masiero ha dovuto dare fondo a tutta la sua forza di volontà. Come padre era tentato di prendere a schiaffoni l’ubriaco, ma sapeva di non poterlo (legalmente) fare. Mentre la moglie chiamava il 113, il marocchino tentava di scappare e lo provocava a gesti e a parole e la tentazione dello scontro fisico diventava sempre più forte ma «sapevo che se ci fossi cascato, tutto sarebbe finito in una rissa indistinta, con colpa a entrambi».
Recidivo. Così ha resistito, fino all’arrivo di due agenti di polizia penitenziaria che hanno preso in consegna il marocchino, fino all’arrivo, poco dopo, della volante del 113. «Ho trascorso la notte in questura a raccontare i fatti» continua Masiero «e ho così scoperto che l’aggressore di mia figlia è un pregiudicato che circola ancora a piede libero in Italia. Mi chiedo: com’è possibile? Ho vissuto tre anni e mezzo in Marocco e so che, per una cosa del genere, laggiù quell’uomo avrebbe rischiato di perdere la vita. Qui non riusciamo neppure a espellerlo?».
Espulsione. Il problema, in termini giuridici, è la possibile reiterazione del reato nei confronti di altre giovani donne, un comportamento che è contrario, non solo alla legge italiana, ma anche alla (probabile) religione del marocchino e al comportamento rispettoso verso le donne autorevolmente sostenuto anche in Marocco. «So che Lalla Salma, la moglie del re Mohamed VI, si è impegnata su questi temi. Scriverò lei, scriverò a Renzi, scriverò a tutti quelli che sarà necessario per ottenere l’espulsione del pregiudicato che ha aggredito mia figlia e per chiedere una legge più efficace di quella ttuale che permetta di allontanare rapidamente queste persone».
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