Molestie a Marcello Basso il pm chiede cinque mesi
SAN STINO. Secondo il pubblico ministero Massimo Michelozzi, c’era Serena Ragno, ex consigliere provinciale dei Democratici e già ai vertici dell’Anpi, dietro gli atti di stalking ai danni di Marcello Basso, ex senatore del Pd ed ex sindaco di San Stino, con il quale la stessa Ragno aveva avuto una relazione, e della moglie di lui.
E per questo l’imputata, difesa dall’avvocato Andrea Cerutti, deve essere condannata a 5 mesi per stalking e minacce. Nessuna richiesta da parte del sostituto procuratore, invece, per il reato di ingiurie, visto che è stato depenalizzato.
Si è conclusa così ieri pomeriggio la requisitoria del pubblico ministero Michelozzi che ha sostenuto la penale responsabilità di Ragno in relazione alle accuse, sottolineando come la versione fornita dalla donna in aula non sia credibile e che non ci siano elementi che possano far pensare che dietro le lettere anonime, alcune con tanto di fotomontaggio hard, ci possa essere una persona diversa da Serena Ragno.
Nelle missive spedite alla moglie dell’ex senatore ma anche a diverse persone note a San Stino, tra cui il parroco e alcuni negozianti, si parlava di una relazione extraconiugale del politico. Secondo l’accusa, Ragno dal 2009 avrebbe inviato lettere anonime con l’obiettivo di sostenere l’esistenza di una relazione sentimentale tra lei e l’ex senatore, rendendo così la vita difficile all’ex politico e alla consorte.
Nel corso dell’ultima udienza era stata proprio l’imputata a fornire la sua versione dei fatti - «Quando è arrivata la prima lettera anonima, pensavo a uno scherzo» - dando anche una spiegazione su chi potesse essere l’autore delle missive: «Ho il sospetto che possa essere una mia amica con cui mi ero confidata: solo con lei e con un’altra avevo parlato della relazione e nelle lettere ci sono elementi non conosciuti se non da me, da Marcello e dalla confidente».
Il racconto di Ragno si era spinto fino a quando la sua relazione con Basso si era interrotta: «Lui era diventato quasi ossessivo, non accettava. Mi telefonava, mi messaggiava, per me era come una molestia. Allora l’ho minacciato di telefonare a sua moglie perché gli mettesse il guinzaglio, lo tenesse a bada e mi aiutasse a tenerlo distante. E l’ho fatto».
Nel corso dell’udienza di ieri ha preso la parola anche l’avvocato Giovanni Ruberto, costituito parte civile per conto del senatore, chiedendo un risarcimento di 50mila euro, di cui 10mila di provvisionale. Nella prossima udienza, l’11 luglio, parola agli avvocati Luca Fonte, che rappresenta la moglie dell’ex senatore, e Andrea Cerutti, difensore dell’imputata. Poi la giudice Sonia Bello potrebbe emettere la sentenza.
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