Mognato, addio al Partito Democratico

MESTRE. La spaccatura nel Partito Democratico continua anche a livello locale. Dopo i parlamentari Davide Zoggia e Delia Murer che hanno subito lasciato il Pd per il nuovo Movimento Democratico e Progressista di Bersani, ora dopo il via alla fase del congresso metropolitano, anche il deputato Michele Mognato rende pubblica la lettera aperta con cui spiega al partito le ragioni per le quali ha deciso di lasciare il Partito Democratico e aderire ad "articolo Uno - Movimento Democratico e Progressista". Una notizia che era in qualche modo nell'aria ma il politico aveva precisato di essere alle prese con una riflessione sul da farsi.
Poi la decisione ufficializzata nelle scorse ore: "Sono giunto alla conclusione che la progressiva evoluzione di questo partito ha allontanato gli elettori e non è più in grado di dare rappresentanza complessiva al centrosinistra anche con un’ambiguità sui nostri riferimenti sociali e sulle nostre alleanze politiche. È necessario costruire un nuovo centrosinistra nazionale in netta discontinuità nel merito (le politiche) e nel metodo (la politica) con le scelte degli ultimi anni", ha scritto Mognato.
Mognato, classe 1961, è stato vicesindaco a Venezia. più volte assessore con le giunte di centrosinistra a Venezia guidate da Massimo Cacciari.

La lettera arriva a pochissimi giorni dalla prima assemblea provinciale del nuovo partito che si terrà lunedì 3 aprile dalle 17.30 all'Auditorium del Palaplip di Mestre in via San Donà 195/b.
Ecco la lettera:
Care compagne e cari compagni,
ieri sera alla convenzione del circolo cui sono da sempre iscritto ho esposto le ragioni per le quali ho concluso la mia appartenenza politica al Pd.
Si tratta di una decisione maturata dopo una fase di riflessione, che ho ritenuto di anticipare rispetto alle prime considerazioni che avevo espresso. Infatti era mia intenzione completare il “cosiddetto” percorso congressuale e conseguentemente valutare se esistessero ancora le condizioni per riconoscermi in questo partito; così “vuole la prassi” o, meglio, vorrebbe il “mio” modo di intendere la politica e il profondo rispetto che ho sempre avuto per le assisi congressuali. Ho invece deciso di compiere ora questa scelta; infatti con il passare dei giorni ho avuto la conferma che questo congresso in realtà è stato pensato come una campagna elettorale e non come un confronto di idee, di proposte tra loro diverse e alternative capace di coinvolgere donne e uomini a cui non basta solo votare il leader.
Forse sarebbe servita a tutti una discussione che, partendo dalle motivazioni che hanno portato alla costruzione del PD, alla sua vocazione maggioritaria e senza fare sconti a nessuno dei protagonisti della vita politica di questi anni, si confrontasse con i cambiamenti epocali avvenuti e tuttora in corso. Speravo in una discussione vera, per ravvisarne gli elementi positivi ma anche i limiti ed errori.
Dobbiamo chiederci perché il nostro pensiero riformista non vince sull'indifferenza e fatica a dare risposte ai tanti che vivono le conseguenze della drammaticità della crisi economica, del dramma della disoccupazione e della precarietà, del dilagare delle diseguaglianze che continuano a togliere la dignità a milioni di persone esaltando l'individualismo. Perché le nostre riforme non hanno avuto ricadute elettorali positive e il nostro paese non è più equo di tre anni fa, se non nel campo dei diritti civili: non è poco, ma non è neppure abbastanza.
Certo non mi illudevo che fosse sufficiente un'assise congressuale di partito per dare una qualche risposta ma la strada scelta porta, anche a sinistra, il confronto prevalentemente sul terreno della competizione personale.
Un terreno che non alimenta invece quell’idea della politica attraverso cui una comunità popolare si organizza, elabora idee, ascolta il dibattito profondo del paese, ridefinisce la propria identità magari non agitando il cambiamento per il cambiamento bensì impegnandosi a non farsi rubare la speranza che un altro mondo è realmente possibile.
Limiti e sconfitte di questi anni sono stati rimossi, banalizzate sono state le richieste di un vero congresso o di altre occasioni di confronto e di reale discussione come la conferenza programmatica.
E' prevalsa una sorta di rimozione che insieme alla rottamazione anche delle culture fondative ha via via rinsecchito la cultura pluralista del centrosinistra; anche questo ha aumentato la mia estraneità al PD.
In questi mesi è progressivamente venuto meno in me quell'entusiasmo ulivista e popolare che il 25 ottobre del 2005 mi aveva portato, da segretario provinciale dei Ds e dopo le primarie che elessero Romano Prodi, a proporre tra i primi in Italia il gruppo unico de L'Ulivo in consiglio comunale a Venezia e successivamente a impegnarmi per la costruzione di un partito plurale, del PD.
Sono giunto alla conclusione che la progressiva evoluzione di questo partito ha allontanato gli elettori e non è più in grado di dare rappresentanza complessiva al centrosinistra anche con un’ambiguità sui nostri riferimenti sociali e sulle nostre alleanze politiche.
È necessario costruire un nuovo centrosinistra nazionale in netta discontinuità nel merito (le politiche) e nel metodo (la politica) con le scelte degli ultimi anni.
Una sinistra, fuori dal PD, che sappia dare il proprio contributo per un progetto alternativo articolando l'offerta politica del centrosinistra su più soggetti e che abbia quella tensione inclusiva nei confronti delle istanze civiche.
La mia scelta è dolorosa è certamente non esente da critiche, che accetterò con rispetto.
Più d'uno in questi giorni mi ha chiesto di farmi partecipe e di pazientare per fare questa battaglia all’interno del partito; qualcuno mi ha scritto e detto parole sincere, altre mi sono sembrate più interessate.
Chi mi conosce un po' sa che fatico a far le cose se poco convinto, non so stare alla finestra né tantomeno sono capace di scindere passione e politica, che oggi provo a ritrovare in un cammino tutto nuovo.
A tutti voi che ho incontrato in questi anni e cui devo molto, con i quali ho condiviso successi, sconfitte, momenti difficili, nella diversità e nell'asprezza delle opinioni, un caro saluto con l’auspicio di poterci ancora confrontare, pur prendendo ora sentieri diversi.
Lunedì aderirò al gruppo parlamentare “articolo Uno – Movimento Democratico e Progressista”.
Michele Mognato
Aggiornamento: Una replica arriva dalla segretaria metropolitana del Pd veneziano, Gigliola Scattolin. Che commenta: "Umanamente dispiace per la decisione di Michele Mognato di lasciare il Pd. Lo ringrazio per il percorso fin qui condiviso Politicamente non posso che prenderne atto e, pur non condividendo la scelta e le critiche che la hanno motivata, rivolgo a Mognato il mio più sincero in bocca al lupo, confidando che, in particolare per il territorio veneziano, continui una proficua collaborazione. Sapevo già che nel veneziano la forte presenza bersaniana avrebbe portato a un rischio di fuoriuscite più elevato rispetto ad altri territori. Tuttavia, non sembrano, ad oggi, essere particolarmente influenti dal punto di vista numerico. Gli iscritti che stanno partecipando al congresso sono grosso modo gli stessi iscritti dello scorso anno, circa quattromila. Continuo a credere nel Pd come unica spina dorsale del sistema politico italiano, in una visione riformista, e confido che il congresso sia un momento quasi rifondativo e di nuovo slancio. Ricco di idee per il futuro, fuori da vecchie logiche, il congresso è il momento in cui ognuno deve con serietà assumersi la responsabilità di portare avanti un progetto utile ai cittadini, ai nostri figli".
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