Mobbing allo Spisal, l’Asl condannata
L’Asl 12 condannata a pagare un risarcimento di 25 mila euro a un dipendente per mobbing. L’ha deciso il giudice del lavoro Margherita Bortolaso, la quale ha stabilito che Giancarlo Magarotto, direttore del Servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro (Servizio che spesso indaga sul mobbing denunciato dai lavoratori in aziende pubbliche e private), e gli altri dirigenti avrebbero creato un clima di ostilità e contrapposizione nei confronti del tecnico M.G., che, con gli avvocati Marco Vorano e Stefano Sacchetto, ha presentato due ricorsi, il primo nel giugno 2011, per vicende avvenute tra il 2007 e il 2009, il secondo nel giugno del 2012 con fatti più recenti. Il magistrato ha riunito i giudizi e ha emesso un’unica sentenza, dopo aver nominato consulente tecnico il medico legale Nico Zaramella.
Nel primo ricorso i legali del dipendente segnalavano quattro vicende: 1) l’ispezione eseguita dal ricorrente presso la Flag di Marcon, in seguito alla morte di due operaie a causa di un incidente, e nell’ambito della quale il direttore dello Spisal aveva chiesto la consegna del fascicolo e lo aveva trattenuto presso di sé, «interferendo così nell’attività del ricorrente...a causa di una divergenze di vedute sulle sanzioni da applicare dopo l’infortunio mortale»; 2) le aspre e ingiuste critiche dello stesso direttore per gli accertamenti svolti dal ricorrente al cantiere navale De Poli di Pellestrina; 3) la nomina e poi la sostituzione del ricorrente come membro della Commissione esaminatrice di un concorso pubblico Asl; 4) una lettera dei dirigenti Spisal contenente dure critiche. Nel secondo ricorso venivano segnalate la manomissione del suo computer e un richiamo.
Dopo aver stabilito il mobbing, il giudice del lavoro ha nominato il perito per appurare quali danni psicofisici «il disegno aggressivo perpetrato presso lo Spisal» ha provocato sul suo conto.
«Emerge», si legge nella sentenza, «che a causa della condotta prevaricante subita in ambito lavorativo a far data dal 2007 il ricorrente ha contratto patologia certificata in atti quale disturbo dell’adattamento». Nei suoi confronti sarebbero state messe in atto «condotte tese a isolarlo, con percezione francamente negativa sul proprio operato e sulla conseguente capacità professionale, perdita del proprio prestigio personale». La consulenza dimostra che «la condizione di isolamento vissuta dall’interessato, di ingiustificata critica, di dequalificazione rispetto alle proprie competenze e di frustrazione hanno indubbiamente reali contenuti psicotraumatici». Tutto questo ha causato alterazione dell’umore, pianto, alterazione della condotta alimentare, isolamento, senso di apatia.
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