Mirano, commosso addio a padre e figlio morti a distanza di un giorno
MIRANO. I due feretri vicini, coperti da un mantello di rose rosse, per accompagnare padre e figlio nel loro ultimo viaggio insieme. Mirano ha dato ieri mattina l’ultimo saluto ad Egidio e Alberto Corò, padre e figlio, morti a distanza di ventiquattr’ore l’uno dall’altro.
Una storia che ha commosso tutti a Mirano: Egidio, 83 anni, aveva tentato inutilmente di rianimare Alberto, 47, colpito da un infarto purtroppo fatale. L’anziano non aveva poi retto alla dolorosa perdita del figlio, mancando anche lui, il giorno successivo, dopo essere stato colpito da malore e ricoverato in ospedale. «Morto di crepacuore», assicurano gli amici, che sottolineano la tenerezza di abbraccio tra padre e figlio durato tutta la vita e anche oltre.
«La mano di Egidio è diventata eterna: la stessa che lo accompagnava da piccolo, che ha cercato di salvarlo da adulto, ora lo abbraccia in cielo», ha detto un amico di famiglia. L’abbraccio in terra invece è tutto per Gabriella, moglie di Egidio (con cui era sposata da oltre 50 anni) e madre di Alberto: fortissimo quello ricevuto ieri da parenti, amici, semplici conoscenti e vicini di casa. «Da questo puoi trarre le forza per andare avanti», le hanno confidato. Le esequie si sono svolte nella chiesa di San Leopoldo Mandic, concelebrate dai due parroci di Mirano don Mario Da Ros e don Artemio Favaro. «Erano uomini tuttofare, ha ricordato don Mario nell’omelia, collegandosi alla parabola della guarigione del cieco nato, «come le mani di Gesù prendono il fango per guarire il cieco, le loro erano un aiuto per amici e parenti. Noi oggi vogliamo vedere i doni che questi due fratelli ci hanno lasciato. I ricordi e gli affetti non siano solo passato, ci aiutino a vivere il presente».
Toccante, a fine cerimonia, l’intervento di Claudia, sorella di Alberto e figlia di Egidio, che ha voluto salutare i congiunti con una celebre lettera diventata preghiera per chi in queste ore piange la loro perdita: «La morte non è niente. Sono solo passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è famigliare, parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Il mio nome sia sempre la parola famigliare di prima. Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace. Ciao papà, ciao Alberto».
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