Miranese, duecento i casi di violenza sulle donne
MIRANO. La violenza sulle donne è dove meno te l’aspetti. O forse, per essere più espliciti, è dentro le mura domestiche, perché molto spesso, diciamo nei tre quarti delle situazioni, sono i mariti e i compagni a prendersela con loro. In questa settimana dove si è celebrata la Festa della donna escono pure i dati dello sportello Sonia di Noale, che ha l’osservatorio del Miranese. Ebbene, lo scorso anno sono stati 200 i contatti al servizio, ovvero richieste d’informazioni e altro ancora. Un numero già elevato. Ma quello più evidente è formato dalle donne seguite nel comprensorio: 58. Se guardassimo alla matematica, nell’arco dei dodici mesi potremmo dire un caso la settimana. E chi si avvicina a Sonia sono soprattutto italiane e già mamme.
Di lavoro ce n’è, insomma, anche se non tutte hanno forza di denunciare e far sapere quanto subiscono. Per questo lo scorso autunno le referenti dello sportello hanno fatto un giro per il comprensorio per far capire l’importanza non solo del mettere a conoscenza ma anche far sapere come ci sia qualcuno che possa dare loro una mano. E la risposta è stata buona. Se guardassimo più a larga scala, alla regione per capirci e al Coordinamento dei centri antiviolenza del Veneto (Iris), nel 2015 sono state accolte 1681 donne di età compresa fra i 30 e i 50 anni, ha figli minori che sono vittime di violenza assistita. Il progetto è nato nel 2014 per contrastare la violenza, rafforzare la capillarità e la diffusione di servizi sul territorio delle sette province. «La violenza sulle donne necessità di risposte concrete, fattibili e immediate» spiega la psicoterapeuta Giorgia Fontanella, una delle responsabili di Sonia «ma per un vero cambiamento non possiamo limitarci a lavorare sull’emergenza che si presenta ma pensare alla prevenzione come atto fondamentale per la lotta e il contrasto alla violenza sulle donne». Anonimato e rispetto per ciascuna vicenda sono garantite a chi chiede aiuto e si possono chiedere informazioni su come comportarsi e quali mezzi attuare.
Dai centri, però, arriva anche una richiesta alla Regione perché ci siano i giusti finanziamenti per queste realtà. «Oltre alla garanzia dei fondi previsti per il biennio», continua Fontanella, «si devono mettere a punto politiche per la prevenzione del fenomeno, le uniche in grado di portare a una svolta nella società che permanga nel lungo periodo». Anche perché per l’anno in corso è previsto un miglioramento dello studio e monitoraggio del fenomeno, per realizzare e adeguare i servizi in base alle esigenze delle donne.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia