Mira, incidente in piscina: chiesta condanna a 8 mesi anche per il sindaco Maniero

Durante una bravata il tetto era crollato, ragazzino invalido al 100%. Tra gli imputati gestori e imprese: la famiglia chiede 10 milioni di danni

VENEZIA. Otto mesi di pena per concorso in lesioni gravissime. A tanto, ieri, il pubblico ministero Riccardo Palma ha chiesto di condannare il sindaco di Mira Alvise Maniero e gli altri imputati al processo sull’incidente che ha devastato la vita del giovanissimo Giovanni Zecchini e della sua famiglia. Una bravata che si è trasformata in tragedia: nel luglio del 2012, si ricorderà, il ragazzino di Mira insieme a due amici si era arrampicato sul tetto della piscina comunale, che aveva improvvisamente ceduto, facendolo precipitare, dentro la vasca vuota.

Ieri, davanti alla giudice Sara Natto, nel corso dell’udienza per lesioni colpose aggravate dall’inosservanza delle regole antinfortunistiche, il pm Palma ha chiesto la condanna a 8 mesi anche per Marino Vanzan (gestore della piscina), Roberto Cacco (dirigente tecnico dei Lavori pubblici del Comune di Mira), Nicoletta Simionato (presidente della commissione vigilanza),Adriano Sinigaglia (della ditta Atheste), Sandro Destro (Ids Srl), Giancarlo Guarin (preogettista). La piscina era allora - ha sottolineato il pm, nel corso della sua requisitoria - un grande cantiere incustodito e tutti sapevano che gruppi di ragazzini vi si introducevano attraverso un varco, tanto che i vicini avevano più volte segnalato la cosa ai carabinieri e al Comune. «Il Sistema Italia», ha sottolineato il pm, «ha determinato un tentativo di scaricare le responsabilità su chi dovesse vigilare, l’uno sull’altro». Da qui la richiesta di condanna per tutti gli imputati: le difese prenderanno la parola l’11 gennaio.

Ieri ha parlato a lungo anche la parte civile, con gli avvocati Augusto Palese, Renato Alberini, Paolo Vianello e Gian Luca De Biasi che hanno dato voce alla tragedia della famiglia Zecchini: Giovanni aveva 13 anni al momento dell’incidente ed è da allora invalido al 100 per cento, bisognoso di assistenza e cure costanti.

Da qui la richiesta di un risarcimento danni che supera i 10 milioni di euro: 8,5 dei quali per Giovanni e il suo futuro, il resto per i genitori e il fratello.

«Il padre ha dovuto lasciare il lavoro, la famiglia è stata aiutata da amici e parenti, ma ora non ha più un euro, è disperata», hanno sottolineato i legali di parte civile, «questa famiglia ha urgentemente bisogno di soldi per poter assistere Giovanni e per vivere». Dai legali anche un atto di accusa nei confronti delle compagnie di assicurazione del Comune e delle imprese, che non un euro di risarcimento hanno proposto alla famiglia.

Nell’udienza dell’11 gennaio la parola spetterà agli avvocati difensori degli imputati, poi l’udienza finale per eventuali repliche e la sentenza.

Roberta De Rossi

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