Mira, il sogno di Elisa e Antonella: «Poter registrare nostra figlia»

La presidente delle Famiglie Arcobaleno racconta: «Fecondazione assistita e tanto amore ma vorrei il diritto di dire in Comune che siamo due mamme» 

PADOVA

«Il sogno è andare all’anagrafe, un giorno, e poter dire che siamo entrambe mamme di questa bambina, io e la mia compagna Antonella». Elisa Baraldi è referente delle famiglie Arcobaleno del Veneto, associazione di genitori omosessuali che conta 119 soci a livello regionale, 1.300 in tutta Italia. Sono piccoli numeri che non raccontano una realtà molto più grande. Sono 100 mila i bambini che hanno almeno un genitore omosessuale, ma nel numero prevalgono i figli di genitori single o quelli nati come la figlia di Elisa, con la fecondazione assistita.

«Io sono andata in Belgio», racconta Elisa, che è nata e vive a Mira. «C’è chi va in Spagna, chi in Scandinavia, chi in Grecia. Siamo costretti a fare questa cosa ipocrita, tutti sanno che c’è la scappatoia all’estero. Semplicemente la si fa sembrare una cosa sbagliata».

Ma ci si abitua a tutto, anche a convivere con questa situazione. «La verità, per fortuna, è che un pezzo per volta stiamo conquistando qualche diritto in più», prosegue Elisa, che intanto spinge il passeggino con la bimba addormentata, nonostante il caos della musica della parata. «Ci sono tante coppie che fanno come noi, siamo convinti che sia la strada giusta, lo eravamo anche prima di farlo. Cioè, sapevamo che sarebbe stato impegnativo sotto il profilo legale, ma vedevamo altre coppie di amiche e di amici che avevano già avuto figli e che erano serene. Delle questioni formali ci si preoccupa meno, quando poi si ha un bambino». Eppure per i diritti ci si batte, perché ci sono ottime ragioni. «Fin dalla gestazione ci sono disparità, nel senso che noi paghiamo l’assistenza che alle altre donne è data gratuitamente», fa notare Antonella. Ed Elisa aggiunge: «Quella volta che il parlamento ha messo mano alla legge, non è riuscita a farla tutta, si sono fermati alle unioni civili. Ma la registrazione all’anagrafe, dopo il caso di Torino, ha aperto un’altra porta. E ci sono sempre più sentenze in Cassazione a nostro favore. A colpi di ricorsi stiamo strappando i diritti. Non è il percorso ideale ma sta succedendo e va bene anche così. Noi vogliamo il riconoscimento della bimba perché non si sa mai cosa può succedere, ma anche solo perché in caso di separazione si possa essere considerate entrambe». —



Argomenti:dirittipride

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia