Mira, i veleni di Dogaletto finiscono in laguna: campi secchi e mucche morte
MIRA. «La situazione a Dogaletto è indecente, c’è un deposito di tonellate di ceneri di pirite, un rifiuto pericoloso, che quando piove il dilavamento trasporta e disperde nei canali circostanti e tutto poi finisce in laguna». A raccontarlo, ieri in udienza risponderndo alle domande del pubblico ministero di Venezia Giorgio Gava, è stato il funzionario dell’Arpav Marco Ostoich. E nelle ceneri di pirite c’è l’arsenico, il cadmio, il ferro, il nichel e tanti altri materiali pesanti e pericolosi.
Ha testimoniato anche Giuseppe Pivotto, un agricoltore che con i suoi terreni confina con la discarica e che con il Comune di Mira, la Provincia, la Regione, il ministero dell’Ambiente, il Wwf e Legambiente, si è costituito parte civile. «Nel campo che confina con le montagne di pirite l’erba si è seccata e non cresce più», ha spiegato il contadino, «mi sono morte alcune mucche e con i miei occhi ho visto decine di gabbiani morti dopo essersi appoggiati su quelle montagne di terra rossa». Sul banco degli imputati, per rispondere di aver costituito una discarica di rifiuti pericolosi che ha inquinato le acque e i campi circostanti a Dogaletto di Mira, e di getto pericoloso di cose c’è il milanese Sergio Spinoglio, di 70 anni.
MIRA. Campi disseccati, gabbiani e mucche morte: secondo i testimoni accade anche questo in località Dogaletto.
Stando alle accuse, la polvere di pirite, quando piove, viene trasportata dall’acqua nei fossi, nei vicini corsi d’acqua, in particolare scola nel canale Finarda, il quale a sua volta sversa l’inquinamento direttamente in laguna. I fatti contestati all’anziano titolare della milanese «Veneta Row Mineral srl», che però ha sede operativa ad Este in provincia di Padova, vanno dal settembre 2011 a tutto il 2013. Ieri, numerosi i testimoni, tra questi l’ex dirigente del comune Marina Pacchiani e il dirigente regionale Giovanni Artico, finito in carcere il 4 giugno dello scorso anno nell’ambito dell’inchiesta sulla corruzione per il Mose e per il quale alcune settimane fa la Procura ha depositato gli atti in attesa della richiesta di rinvio a giudizio. Per conto della Regione Artico aveva seguito gli incontri per l’accordo di programma tra enti coinvolti e società che gestiva la discarica. Incalzato dalle domande degli avvocati Roberto Chiaia e Arianna Tosoni ha sostenuto che alla fine l’accordo era saltato a causa dell’atteggiamento dilatorio dell’imputato.
Prossima udienza prevista per il mese di settembre. Il sito, accanto alla Romea e vicino alla laguna, in cui si trovano i depositi di ceneri di pirite nasce a metà anni Sessanta in piena attività di Porto Marghera. Le ceneri di pirite infatti, altro non sarebbero che scarti di lavorazione dell'area del Petrolchimico. All'epoca venne autorizzato un deposito temporaneo di ceneri di pirite che si trasformò in definitivo. Vennero portate fino ad un massimo di 1 milione e 200 mila metri cubi di ceneri, su un'area di 77 mila metri quadrati a ridosso della Romea. A metà degli anni Novanta parte delle ceneri, che seppur inquinanti hanno un valore nel campo dell'edilizia, vennero conferite a dei cementifici. Ne sono rimasti 750 mila metri cubi.
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