«Mio figlio poteva morire l’ospedale ora mi spieghi»
«Mio figlio poteva essere morto, qualcuno non lo ha sorvegliato a sufficienza». Parla il padre del 28enne che si è gettato lunedì pomeriggio dal ponte della Vittoria, incredibilmente salvato da un gruppo di canoisti del Canoa Club di San Donà. Era ricoverato nel reparto psichiatrico dell’ospedale, dal quale si è allontanato poco prima delle 16 per raggiungere il ponte della Vittoria pochi minuti dopo. Risulta che il personale abbia immediatamente avvertito i genitori della fuga e contattato anche i carabinieri di San Donà. Era stato ricoverato da pochi giorni, rientrato dall’estero in preda a una forte crisi che aveva determinato l’intervento della polizia locale a casa sua e successivamente il ricovero.
Ora la famiglia si è rivolta a un legale, l’avvocato di San Donà, Angelo Lorenzon, il quale ha iniziato ad esaminare gli atti e ad ascoltare le testimonianze per ricostruire quanto accaduto: «In questo caso si ravvisano gli estremi per un’omissione di custodia del paziente che evidentemente era in una condizione molto delicata e necessitava di particolari controlli. Adesso verificheremo se questi controlli e particolari misure necessarie siano state adottate o meno».
Il 28enne si è gettato nel Piave dal ponte della Vittoria ma è stato visto e raggiunto dal canoista Mattia Puglia, che l’ha trascinato a riva, da cui è stato trasferito d’urgenza in autoambulanza all’ospedale di San Donà e sottoposto a un Tso, trattamento sanitario obbligatorio. Era in stato confusionale e solo per miracolo non aveva riportato lesioni gravi. «Da allora non abbiamo più potuto vederlo», racconta il padre, «non sappiamo in che condizioni si trovi, se stia bene. Era tornato da poco da un soggiorno all’estero, in una condizione sicuramente molto seria dal punto di vista medico. È stato ricoverato all’ospedale di San Donà e i medici ed il personale conoscevano bene il suo stato mentale e di salute. Sappiamo che è uscito dal reparto per fumare una sigaretta, che poi ha scavalcato una serie di cancelli e si è diretto al ponte della Vittoria da dove poi si è gettato nelle acque del Piave. Non era certo così semplice fuggire dall’ospedale senza essere notato immediatamente e fermato».
«Se non ci fossero stati quei bravi ragazzi in canoa a salvarlo», conclude amareggiato il padre, «chissà cosa sarebbe accaduto. Mio figlio sarebbe anche potuto morire dopo un simile tuffo dal ponte della Vittoria, da quale purtroppo tante altre persone hanno perso la vita gettandosi. Adesso chiediamo giustizia e vogliamo sapere se ci sono state gravi omissioni».
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