«Mio figlio invalido, voglio 10 milioni»

Mira. Il ragazzo precipitò dal tetto della piscina comunale, il sindaco e altri sei persone risponderanno di lesioni colpose
Di Roberta De Rossi

MIRA. Oltre 10 milioni di euro di risarcimento danni: tanto gli avvocati di parte civile hanno chiesto a favore del giovanissimo Giovanni Zecchini, invalido al 100 per cento da quando nel luglio del 2012 è precipitato dal tetto della piscina comunale di Mira sul quale si era arrampicato. Struttura incustodita, all’interno di un cantiere dove i ragazzini si ritrovavano ogni sera.

A rispondere di lesioni colpose gravissime sono stati chiamati in sette: il sindaco di Mira Alvise Maniero; Marino Vanzan, della società G.P. Nuoto che gestisce la piscina; Roberto Cacco, dirigente dei Lavori pubblici del Comune; Nicoletta Simonato, presidente della Commissione vigilanza sui locali di pubblico spettacolo; Giancarlo Gruarin, responsabile della sicurezza per la piscina; Adriano Sinigaglia, amministratore di Atheste Costruzioni di Este che aveva vinto l'appalto per la costruzione della piscina, e Sandro Destro, titolare dell'altra ditta appaltatrice, la Ids di Rovigo. Per tutti la Procura aveva chiesto l'archiviazione, ma ad opporsi erano stati proprio i legali della famiglia del ragazzo: gli avvocati Augusto Palese, Renato Alberini, Gian Luca De Biasi e Paolo Vianello. E il giudice per le indagini preliminari Andrea Comez aveva accolto il ricorso e ordinato alla Procura di formulare l’accusa. Ieri, la prima udienza del processo: la giudice Sara Natto ha accettato la costituzione di parte civile.

«Otto milioni per il ragazzo, invalido al 100 per cento, e quasi 3 per la sua famiglia», commenta l’avvocato Augusto Palese, «cifre che possono apparire spropositate, ma che sono giuste per un caso che ha distrutto una famiglia. Molto dipende dall’atteggiamento che vorranno tenere le compagnie di assicurazione dei responsabili civili: Giovanni è un ragazzino e avrà bisogno di assistenza per tutta la vita».

La sera del 19 luglio 2012 Giovanni assieme a due amici aveva scavalcato un muretto e si era arrampicato sul tetto della piscina, per fare alcune foto, scalando una parete a gradoni. Una volta su, però, aveva messo un piede su un lucernaio, precipitando all'interno della vasca, vuota.

L'accusa, per tutti gli imputati, è di lesioni colpose «per negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza delle leggi, violazione delle norme sulla prevenzione infortuni», «per avere, nell'ambito delle rispettive competenze e attribuzioni e l'omessa vigilanza sull'operato dei rispettivi delegati e preposti» non valutato i rischi, non recitando adeguatamente l'area d'accesso alla piscina dove si trovavano i listoni che avrebbero consentito la risalita del ragazzo e dei suoi amici»; non «adottato presidi infortunistici e di protezione collettiva (rete anticaduta, protezione a botte, parapetti)». Ancora, per non aver adottato «in ossequio al principio di prudenza le opportune cautele atte a evitare l'accesso all'edificio», pur sapendo che la piscina in costruzione «era divenuta nell'estate 2012 luogo d'incontro tra i giovani del circondario».

Processo rinviato al 27 aprile.

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