Migranti nei capannoni, no dei sindaci

Il prefetto Cuttaia rinnova l’invito all’ospitalità ai Comuni, ma la sua lettera non è piaciuta né a destra né a sinistra
Di Carlo Mion

La lettera del prefetto Domenico Cuttaia, che ricorda l’arrivo di altri profughi e nella quale si invitano i sindaci a mettere a disposizione anche capannoni dismessi, non ha raccolto consensi. Anzi. Del resto è un’impresa gestire quelli destinati alle varie province dall’accordo tra enti locali e Stato, figuriamoci adesso per questi nuovi 490 migranti assegnati al Veneto dopo gli ultimi sbarchi. La questione dei capannoni dismessi ha fatto arrabbiare ulteriormente gli amministratori locali.

Scrive il prefetto ai sindaci: «Gli sbarchi di migranti che si susseguono sulle coste meridionali, alcuni con esito drammatico, pongono in maniera pressante l'esigenza di individuare ulteriori soluzioni di accoglienza per le persone destinate a questo territorio». Questo vuol dire che nel giro di pochi giorni ogni provincia del Veneto dovrà accogliere 70 migranti. I 490 destinati alla nostra regione vanno ad aggiungersi ai 9.334 già stabiliti in sede di accordo Stato Enti Locali. «Come noto, a suo tempo è stato istituito un organismo di raccordo, la cabina di regia, finalizzato a garantire scelte condivise nella distribuzione di migranti sul territorio della Città Metropolitana - ricorda il prefetto Cuttaia - Distribuzione che deve seguire soprattutto il criterio di una ripartizione equa e diffusa, in modo da evitare concentrazioni eccessive di persone e accompagnando, altresì, l'accoglienza ad iniziative volte alla integrazione dei richiedenti la protezione internazionale e al loro inserimento nel tessuto sociale ed economico». Un concetto che il Prefetto ripete spesso ma che non è certo passato tra gli amministratori locali. Infatti sono pochi i comuni che hanno dato la loro disponibilità ad accogliere queste persone.

«Tutti i soggetti di solidarietà sociale attualmente impegnati nei servizi di accoglienza sono stati sensibilizzati nella ricerca di ulteriori posti, anche individuando soluzioni provvisorie di emergenza (ad esempio l'utilizzazione di capannoni dismessi), pur di garantire un immediato riparo alle persone, tenendo presente che a tali soluzioni è stato posto un limite di ospitalità massima di 60 posti per struttura, come convenuto in cabina di regia». E infine l’ennesimo appello che molto probabilmente resterà inascoltato: «In questo contesto, si rinnova la richiesta di collaborazione in maniera da poter affrontare una situazione oggettivamente difficile, in attesa di individuare strutture congrue di accoglienza». Strutture che per il momento non ci sono.

«Già in sede di cabina di regia avevamo già fatto presente al prefetto che la soluzione capannoni non era percorribile», spiega Maria Rosa Pavanello, sindaco di Mirano e presidente dell’Anci Veneto. «I migranti sono tanti e i tempi di permanenza, come abbiamo visto, sono lunghi e molto di più di quello preannunciato».

Gianluca Forcolin, vice presidente della Regione Veneto, non lascia alcun margine di possibile trattativa per rendere operativa la richiesta del prefetto. Dice l’esponente leghista: «È una lettera che non fa onore a nessuno. È irrispettosa per coloro che vogliono ospitare in queste strutture dismesse ma anche per tutti quei amministratori locali che per anni hanno cercato di utilizzare strutture chiuse o edifici non più in uso, come scuole, per ospitare centri di accoglienza per persone in difficoltà e hanno incontrato solo difficoltà. Poi dicono dei leghisti razzisti. Non è razzismo ospitare queste persone in capannoni abbandonati?».

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