«Migliorare i quartieri con i gruppi di lavoro»
Uno s. puto addosso a una persona è un gesto violento di per sé ed è anche un segno di disprezzo che fa molto male. Se a riceverlo è una donna, incinta, allora quel gesto di disprezzo investe anche me come cittadino, come padre e come amministratore di questa città. Sta addosso a me come a chiunque si ritenga civile e si senta parte di una comunità fondata sul rispetto reciproco, sia pure dentro ad un contesto che non può eliminare completamente divergenze e contrasti. Ma non basta. A Marco e a sua moglie voglio esprimere la mia vicinanza e la mia solidarietà: non so se serve ma spero che avvertano l’autenticità di questi sentimenti. Ha ragione Marco quando dice che Mestre “sta cambiando con una velocità incredibile” e come, dentro a questa trasformazione, ci sia il rischio di perdersi smarrendo il senso autentico di questo imponente cambiamento.
Chi, come me, si trova ad amministrare temporaneamente questa città ha il dovere di gestire e di accompagnare questa transizione, che sta avvenendo in un periodo storico difficile, tormentato e insidioso. Nel mentre stiamo cercando di dare un nuovo volto a una parte importante della città per renderla più bella e più attraente, facciamo i conti anche con una trasformazione radicale della sua composizione sociale. Marco ne fa cenno quando parla di via Piave, che da questo punto di vista rappresenta l’esempio estremo di questa mutazione convulsa e per alcuni aspetti inquietante. In questi ultimi anni quella comunità, ma più in generale tutta la città, ha fatto i conti con i disagi che nascono quando la convivenza esce dalle disquisizioni teoriche per incarnarsi nella vita quotidiana dei cittadini.
Ecco, vorrei utilizzare proprio quella storia che è un pezzo importante di storia della nostra città, per provare a dire sui temi che Marco ha posto molto civilmente, che idea ho di Mestre come amministratore e di come sto cercando di praticarla. Voglio vivere in una città sicura e solidale dove il diritto alla sicurezza non sia inteso come il riflesso condizionato alla paura, ma la costruzione paziente e faticosa di relazioni dentro le quali ci sia il reciproco riconoscimento dei diritti e (soprattutto) dei doveri.
A Marco non sarà sfuggito che proprio in via Piave l’amministrazione ha investito risorse e tempo attraverso la presenza quasi quotidiana di operatori e operatrici validissimi, ma soprattutto ha sostenuto con convinzione il lavoro di un gruppo di residenti che offrono il loro tempo libero per migliorare responsabilmente la qualità della vita di tutti, senza alcuna distinzione. E ha offerto proprio l’esperienza diretta dei suoi operatori sociali alle Forze di Polizia quando si trattava di individuare chi, straniero o italiano, pensava di poter agire nello spregio assoluto delle regole minime di convivenza. Oggi, grazie proprio all’azione congiunta delle Forze dell’Ordine, dei cittadini attivi e dell’amministrazione comunale, una parte rilevante dei locali di via Piave che venivano utilizzati per delinquere in vario modo, verranno restituiti alla città e ai cittadini, convertiti ad un uso sociale.
In via Cappuccina i cittadini si stanno organizzando con questo stesso senso di responsabilità e noi siamo al loro fianco. Sono solo due esempi per provare a dire che questa città è certamente aperta a chi vuole costruire un futuro più dignitoso per sé e per la propria famiglia, ma è assolutamente inospitale nei confronti di chi vuole agire nell’illegalità. E soprattutto per dire che insieme è meglio e si arriva più lontano, pur nel distinguo delle responsabilità di ciascuno. Spero un giorno di poter incontrare e conoscere Marco e sua moglie. Spero che insieme, tutti, riusciremo a dare a loro figlio e a tutti i mestrini del futuro, una città più bella e vivibile.
*Vicesindaco e assessore alle Politiche sociali
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