«Mi serve un cuore nuovo, voglio tornare a vivere»
CAORLE. «Ho 32 anni e mi serve un cuore nuovo, aiutatemi, voglio tornare a vivere». Arriva come un grido d’aiuto e di speranza l’appello di Rabi Biason, giovane caorlotto che dal 2008 lotta contro una malattia cardiaca che lo ha costretto a trascorrere gli ultimi anni tra gli ospedali del Nord Italia in cerca di una soluzione, una cura, un miracolo e ora di un cuore.
La storia di Rabi sta coinvolgendo l’intera comunità di Caorle, dove è nato e cresciuto, infatti la sua è una patologia ereditaria che già nel 2007 ha strappato la vita al fratello maggiore Omar, trovato morto appena trentenne proprio a causa di una cardiopatia. Qualche anno più tardi anche la mamma Gianna ha subito la stessa sorte e proprio per questo Rabi ha deciso di sottoporsi ai controlli del caso, capendo in questo modo di essere affetto anche lui da una cardiopatia dilatativa congenita che da gennaio 2008 ha iniziato a manifestare i suoi sintomi. Con il primo ricovero gli fu subito impiantato un Icd, cioè un defibrillatore interno sottocutaneo che gli ha permesso di vivere una vita tranquilla e abbastanza normale fino al 2011 ma non senza limitazioni.
Grande batterista con la musica nel sangue, Rabi ha dovuto abbandonare questa sua passione troppo stressante per il suo fragile cuore che però ha presto sostituito con quella per il basso che ha iniziato a suonare con la stessa dedizione. Un ragazzo molto conosciuto in città, gran lavoratore, musicista appassionato, ma soprattutto un amico per tanti, tantissimi ragazzi che non mancano mai di andarlo a trovare negli ospedali in cui è ricoverato, mostrandogli la loro vicinanza e il loro sostegno che ormai può essere solo morale. La malattia, infatti, non gli ha dato tregua e dopo un breve periodo di serenità apparente si è evoluta dovendo imporre l’inserimento di un nuovo defibrillatore più potente che quando entrava in azione contro le tachicardie ventricolari maligne, gli causava dei forti choc.
Dal 2012 a oggi le trasferte ospedaliere sono diventate una costante nella vita di Rabi, sempre con le valige in mano per lunghi periodi di ricovero tra il San Raffaele di Milano, gli ospedali di San Donà e Portogruaro dove veniva spesso trasportato con urgenza dai mezzi di soccorso e i centri specializzati come il Gallucci di Padova. In questa lunga parentesi ospedaliera, che ormai è giunta a un totale di 2 anni e 2 mesi, ha subito tre operazioni: due ablazioni e una simpatectomia oltre che l’inserimento di un terzo e ancora più potente defibrillatore, ma il tutto non ha portato ad alcun miglioramento. L’unica soluzione, ora, è il trapianto cardiaco, necessità diagnosticata in via definitiva ad agosto 2014 e che ha visto il nome di Rabi Biason entrare ufficialmente in lista d’attesa. E ora? «La situazione va peggiorando di giorno in giorno» racconta Rabi che da ormai 4 mesi è ricoverato in condizioni di semi infermità al centro Gallucci di Padova, «non è facile trovare il cuore giusto e capisco le priorità degli altri e le difficoltà generali ma ormai non ce la faccio più a sopportare questa situazione. Fatico a mangiare, a respirare e a esprimermi, di muoversi non se ne parla, la sola idea di una doccia è un’utopia. Il mio è un appello di aiuto, di speranza, chi può attivarsi per darmi una mano lo faccia, chi può informarsi in altri ospedali lo faccia, cerco una speranza: se potete aiutatemi perché io voglio tornare a vivere». ©
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