«Mezzora sospeso nel vuoto con lei. Lo rifarei»

Eccolo Tonino Battaglia, padre di due figlie, l’uomo che ha scavalcato la rete per salvare la donna che voleva buttarsi sul Passante. «E mi sono pure dimenticato di chiederle come si chiama»

SPINEA «C’era una ragazza in pericolo, aiutarla è stato incosciente e istintivo: lo rifarei. A Roma una giovane è stata uccisa dal ragazzo e dall’indifferenza, io complice dell’indifferenza non ci voglio essere». Tonino Battaglia ha 44 anni, è siciliano trapiantato a Malcontenta, sposato e padre di due figlie. Fino a ieri era una semplice guardia giurata, lunedì, libero dal servizio, ha salvato una donna che voleva gettarsi dal cavalcavia sul Passante, a Crea.

È stato lui a farle scudo con il corpo, camminando nel vuoto fino ad abbracciarla e restando in bilico sul cordolo esterno del viadotto. Venticinque minuti, si è calcolato, aggrappato con le dita a una rete metallica, in attesa che la donna venisse recuperata dai soccorritori. 25 minuti nel vuoto: una vita. Per tutti, oggi, Tonino è l’eroe di Spinea, colui che grazie all’aiuto di altre due persone, si è fermato e ha scavalcato il guardrail, senza pensare a cosa sarebbe potuto succedere.

«Non faccio mai quella strada», racconta, «è stato un caso. Ho visto due persone che afferravano una ragazza attraverso la rete, di là della strada. Mi sono fermato, non capivo: poi ho visto che quella persona, oltre la rete, poteva morire. I due (uno era Andrea Locanto, che abbiamo già intervistato ndr) avevano le mani sudate, poteva scivolargli via e ho saltato il guardrail. Non ho pensato, serviva agire subito. Superato il guardrail, ho camminato alcuni metri sospeso nel vuoto, lungo il cornicione, arrivando da lei e mettendomi dietro il suo corpo, in modo che non potesse cadere».

Il cornicione del cavalcavia sui cui ha camminato Tonino per raggiungere la donna
Il cornicione del cavalcavia sui cui ha camminato Tonino per raggiungere la donna

Nel vuoto, aggrappato con le mani alle maglie della rete metallica, con i piedi sul cordolo, mentre sotto auto e tir sfrecciavano sulle corsie dell’autostrada. Tonino è rimasto così quasi mezz’ora, in pericolo anche dopo che la donna era stata assicurata con delle corde dai carabinieri e imbragata dai vigili del fuoco. «Non ho mai sentito mancare le forze, anche se mi facevano male le dita», racconta, «e non ho avuto paura di cadere. Forse perché in quei momenti non ci pensi. L’unico dubbio avuto è che lei, vedendomi arrivare, potesse buttarsi o spingere me. Ma una volta raggiunta e abbracciata, ho capito che ce l’avevo fatta: le battevo la spalla, le dicevo “Stai calma, è tutto finito, ora ci vengono a prendere”. All’inizio tremava, poi si è calmata. Forse ha capito che poteva metterci in pericolo entrambi».

"Le ho parlato e tenuto la mano. E lei è ancora viva"

A casa, Tonino ci è tornato da eroe. «In realtà mia moglie ha detto che sono un incosciente, che ho due figlie. Forse ha ragione, potevano succedere molte cose. Ma lo rifarei. In quel momento non vedevo alternative: c’era una persona in pericolo di vita e mi sono lanciato. Non l’ho fatto per diventare un eroe, ma da lunedì ripenso a Sara, che a Roma è stata uccisa due volte, prima dal ragazzo, poi dall’indifferenza della gente che l’ha lasciata bruciare. E non voglio che ci riduciamo a questo genere di umanità. Non conosco nemmeno chi ho salvato, spero solo stia meglio. Ecco, forse il mio unico desiderio ora sarebbe incontrarla. Siamo stati abbracciati mezz’ora e non mi ha nemmeno detto come si chiama».

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