Mestre raccontata come non l’abbiamo mai vista prima
L’hanno fatto in molti modi. Con ricerche economiche e sociali, con statistiche e studi, con mappe, foto d’archivio e foto contemporanee, con indagini e con sommi interventi di esperti e stakeholder.
Mestre non è Venezia, certo, ma negli anni anche la terraferma ha avuto chi s’è occupato di lei, sia in termini storici che contemporanei. Però nessuno ha indagato nelle sue “viscere” sentendo chi la vive ogni giorno, le persone comuni, i diretti interessati: i mestrini.
Nessuno ha mai analizzato i suoni più reconditi di questa città, anche quelli che emergono dai silenzi di una biblioteca. Nessuno ha stilato una mappa dei luoghi più significativi per chi ci vive, nessuno ha mai rilevato che i cittadini della terraferma riconoscono come punti di riferimento il cinema Dante o il parco Bissuola, il parco del Piraghetto o l’argine dell’Osellino, ma non piazza Ferretto. Nessuno ha studiato i portoni dei palazzi, le cancellate. Almeno finora. La.Me. (laboratorio Mestre), progetto che nasce all’interno della biblioteca Vez, ha cominciato a farlo, narrando la città attraverso lo storytelling, i racconti, le storie della gente.
L’idea è nata a novembre e nel tempo s’è sviluppata con diverse iniziative: fra le più curiose, le interviste ai mestrini “qualunque”, la geografia sonora della città, la mappa dei luoghi più amati dai mestrini. Un modo nuovo per raccontare Mestre e i suoi cittadini che, non per caso, sarà presentato al pubblico in uno dei luoghi che i mestrini stanno cominciando a scoprire e ad amare di più, forte Marghera. Qui, venerdì 25 (ore 18) fino all’1 maggio, nell’ex polveriera dell’ex campo trincerato, una parte del lavoro svolto in questi mesi dal Laboratorio Mestre sarà presentato ai tutti, in uno spazio che contiene diverse sezioni e che si intitola Urban Story Telling.
Nella sezione “Mestre al futuro” ci si può piazzare davanti a una tv, con tanto di cuffiette, per ascoltare una delle decine di interviste svolte da La.Me. e relative al futuro della città. Cosa ne pensano i suoi abitanti? I primi ai quali è stata rivolta la domanda sono un tatuatore, un’operatrice sociale e un creativo. Ognuno di loro ha “nominato” altre due persone da intervistare e via così, fino a costituire una grande tribù. Nell’angolo “geoquote” vengono segnalati dagli stessi intervistati i luoghi più amati di Mestre, segnalati poi all’interno di una mappa.
“Appunti visivi” è un’originale galleria fotografica che mostra un’altra terraferma, con scatti che descrivono l’area rurale, o i lati più “trasversali” e meno conosciuti della città.
Nella sezione “still recording” è possibile invece ascoltare i suoni di Mestre registrati per La.Me. da Enrico Coniglio: si sentiranno la voce di una vecchietta che parla mentre passa il tram, i fragori all’interno di un ipermercato, gli insospettabili fruscii della biblioteca Vez. La mostra si completa poi con un glossario della città contemporanea, dove vengono svelati i significati di termini sempre più attuali e legati alla città, come Gentrification, social housing, rottamazione ecologica, agricoltura urbana, urban wilderness.
Insomma, un’altra Mestre è possibile. O, meglio, un’altra rappresentazione di Mestre è possibile. Urban Story Telling lo dimostra.
Gianluca Codognato
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