A Mestre meno negozi, più uffici in condivisione: ecco come cambia la città
L’ex palazzo delle Poste e l’ex sede della Telecom sono i pezzi più ambiti sul mercato: l’ipotesi di co-housing per anziani

Mestre è una città in trasformazione. Non c’è un terremoto immediatamente visibile, visti i tanti problemi da risolvere, a partire dalla sicurezza. Ma i segnali ci sono tutti.
Cambia il mondo del commercio con negozi che aprono alle contaminazioni, anche con il mondo dell’artigianato e la fornitura di servizi. Una decina di nuove aperture di negozi in centro; altre sono previste nelle prossime settimane.
Cambia pure il mondo dell’artigianato che con la leva tecnologica si prepara a puntare su qualità ed innovazione.
Con il progetto “Mestre Next” di Confesercenti, in collaborazione con Patrigest e Nomisma, si cerca di mettere in rapporto la domanda e l’offerta. A Mestre su più di 700 negozi, il 20 per cento è sfitto.
Un dato che con il progetto si intende ridurre mettendo in contatto nuove attività, con nuove proposte merceologiche, e le proprietà favorendo aperture temporanee o affitti lunghi, in collaborazione con Confedilizia.
Così da mesi a Mestre fioriscono le librerie, specie in centro, ma anche le gallerie d’arte. O studi di fotografia come il “Blubanana” fronte M9.
Il nuovo The Hub
Analogo lavoro viene portato avanti anche con la collaborazione della Cna per il mondo dell’artigianato. Un esempio pratico? I cantieri in corso per la nascita di “The Hub- Human bits” il nuovo polo dell’artigianato digitale di Fab Lab che si sposterà dal Vega a Corte Legrenzi e via Rosa.
Spazi per l’artigianato di alta qualità e le produzioni con stampanti 3D. Ma ci sono anche maestri artigiani, come Raffaella Canziani de “L’arte dei Decori” che spera di trovare spazi per aprire una scuola con cui trasmettere ai più giovani il suo sapere.E fatica a trovare soluzioni convenienti.
I Business centre
Altri segnali di cambiamento dalle professioni. Spiega Ilaria Edel Muzzati di Lemon che gestisce i Business centre di via Don Tosatto, del chiostro di M9 e dell’Hybrid Tower.
«Dieci anni fa il mio lavoro non era capito. Ma dai servizi per il mondo degli avvocati siamo passati alle grandi multinazionali che hanno bisogno di spazi e uffici temporanei per i loro manager, con formule diverse dal contratto dei 6 anni +6. Un tempo queste aziende trovavano risposte solo a Padova. Ora seconda è Mestre perché abbiamo creato dei business centre dove gli spazi possono essere modulabili, da 50 a 5 metri quadri».
E sono arrivati i professionisti che hanno tutto quello che serve per lavorare nei loro computer e non hanno bisogno di uffici fissi. Persone che, spesso, decidono di vivere e lavorare tra Venezia e Mestre. Oppure arrivano i trasfertisti che assicurano lavoro a tanti bar e locali della terraferma specie a pausa pranzo.
Il co-housing
E anche l’abitare cambia. Il futuro per grandi spazi vuoti del centro, dall’ex Tim (su cui c’era stata una proposta di acquisizione per trasformarlo in studentato) oppure il palazzo delle Poste di piazzale Donatori di Sangue, oggi vuoto, e in vendita per 6 milioni di euro, potrebbe venire dal co-housing, ovvero le case in affitto con ampi spazi e servizi comuni, dalla lavanderia alle cucine o le sale di aggregazione.
Non una novità assoluta a Mestre se pensiamo all’esperienza dei centri Don Vecchi (a giugno aprirà il numero 9 a Zelarino). Anche il Comune investe: in via del Lavoratore a Marghera sono previsti, dopo l’abbattimento di vecchi edifici, 26 appartamenti (20 Erp) con giardino e spazi in comune per favorire la socialità.
La costruzione sarà immersa in più di 1.000 mq di area verde. Ora grossi fondi immobiliari stranieri hanno in corso una ricognizione anche nel Veneto per individuare immobili da utilizzare per moderni co-housing.
«In Italia l’80 per cento degli immobili sono case e solo da noi la quasi totalità sono di proprietà. Nel resto d’Europa non c’è questo bisogno. Oggi il mondo del lavoro è decisamente più mutevole del passato e anche una casa in una città può non essere per sempre», dice l’architetto Giovanni Faoro Morosini.
«Creare complessi di case in co-housing nei centri cittadini è utile a single, giovani coppie e persone anziane, ancora pienamente autosufficienti, che vogliono vivere in appartamenti totalmente autonomi ma con spazi di condivisione e socialità, con la comodità di vivere in centro. È il futuro».
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