Mestre, muore a 52 anni positivo al Covid: «Neanche il tempo di salutarlo»

Francesco Scaramuzza lavorava alla Leonardo di Tessera In ufficio fino al 13 marzo, poi la situazione è precipitata

MESTRE. «Non ho potuto tenergli la mano e dirgli che lo amavo». Francesco Scaramuzza, 52 anni, è mancato nelle prime ore del mattino di ieri, dopo che le sue condizioni erano velocemente peggiorate.

La sera precedente aveva chiamato la moglie, Michela Schettino, per salutarla, ma la sua voce non era più quella del giorno prima.

Residente a Favaro, lavorava alla Leonardo Velivoli (ex Alenia) di Tessera, prima ancora in Aeronavali. L’ultimo giorno di lavoro era stato il 13 marzo, poi si era messo in malattia, dal momento che le sue condizioni di salute erano più fragili di quelle degli altri dopo che gli era stato scoperto un linfoma. Usava la mascherina, era in ufficio da solo, ma per sicurezza aveva preferito non continuare. Mercoledì scorso si è recato in ospedale perché non si sentiva bene e dopo tre giorni in Obi, avuti i risultati del tampone, è stato successivamente portato nel reparto dedicato ai pazienti Covid-19.

Le sue condizioni, però, non sembravano così critiche, tanto che dall’ospedale aveva chiamato i colleghi al lavoro e gli amici. Poi la situazione è precipitata.

Ieri mattina lo Spisal si è recato in azienda, per effettuare test sui lavoratori rimasti all’interno. E adesso i vertici aziendali devono valutare la situazione assieme ai sindacati. La famiglia, spezzata dal dolore, cerca di farsi coraggio. Assieme a Michela, che lavora all’ufficio Stato civile del municipio di piazza Pastrello, aveva avuto due figli: Marco 17 anni e Daniele 24.

Tanti gli hobby, tra cui lo sport e sopra tutti la bici, la sua grande passione. «E’ durissima» racconta la moglie «sembrava stesse un po’ meglio, invece in pochissimo la situazione è precipitata e la notte tra mercoledì e giovedì ci è arrivata la chiamata. E ora non si sa neanche se ce lo faranno vedere più».

Tanto che la famiglia ha chiesto una foto alle pompe funebri, unico filo che unisce nel dolore i cari alle persone decedute. «Non sono neanche andata a tenergli la mano». I ricordi scorrono: «Nonostante la malattia era attivo, si teneva in forma, andava in bici, voleva lavorare. Macinava tanti di quei chilometri, era capace di partire da via Altinia e arrivare sul Montello, le gare erano i momenti più felici».

Adesso con lui, correva il figlio più piccolo, Marco, tanto che a piangerlo è tutto il Velodrome Asd. Martedì alla famiglia è stato fatto il tampone, e adesso in attesa dei risultati, i suoi cari sono in isolamento fiduciario. «Girava con la mascherina, la portava al lavoro e anche se andava a fare la spesa qua vicino».

All’inizio del mese era stato più volte all’Angelo, sia nel reparto di Radiologia che al Centro prelievi, in sala d’aspetto. «E’ sempre stato una persona solare e disponibile» lo ricorda il figlio Daniele «aveva il suo modo di pensare, se non gli andava bene qualche cosa cercava di spiegarlo in modo razionale. Sapeva fare praticamente tutto, anche perché era la sua deformazione professionale, ogni mestiere, ogni lavoro ci fosse da sbrigare, lui era capace di farlo. Era pragmatico, ma sapeva dimostrarci il bene che ci voleva, non mancava mai». Continua: «Tra i più bei ricordi che conservo, è quando mi insegnava a fare qualcosa giù in garage e passavamo il tempo insieme. Dall’ospedale quando chiamava ci diceva di stare tranquilli»

La situazione è precipitata negli ultimi giorni. «All'inizio stava abbastanza bene – aggiunge la moglie – . Ma poi lunedì sera la febbre è salita molto, aveva le piastrine basse e necessitava una trasfusione. L'indomani mattina mi ha chiamato il medico, dicendomi di prepararmi, perché la situazione era tutt'altro che positiva».

Tutti lo ricordano come una persona solare, non stava mai fermo un attimo. «In tanti, nella sua situazione, si sarebbero bloccati, mentre lui cercava di non pensarci: è subito tornato al lavoro e alla sua vita di sempre» ricorda la moglie. «Amava la bicicletta. Si era anche iscritto a una squadra di ciclismo a Quarto d'Altino insieme a nostro figlio Marco». Francesco era una persona responsabile: «Vista la sua situazione, in queste settimane usciva di casa sempre con la mascherina e non aveva contatti con nessuno. Non saprei dire quando possa aver contratto il virus». —

Marta Artico . LAURA BERLINGHIERI. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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