Mestre, mafia e riciclaggio nei cantieri navali

Tre imprese nelle mani delle cosche che investivano nel settore. Arrestato a Mestre il figlio di un boss di Palermo
20100305 CESA (CASERTA) -CLJ- CAMORRA:OPERAZIONE DIA,CONFISCATI 12MLN A AFFILIATO CASALESI SEQUESTRATI ANCHE BENI PER 500 MILA EURO A VIGILE URBANO. Beni per 12 milioni e mezzo di euro sono stati confiscati a due persone nel Casertano, nell'ambito dell'attività delle forze dell'ordine per l'aggressione ai patrimoni mafiosi. Il personale della Direzione investigativa antimafia di Napoli ha infatti completato l'esecuzione del decreto di confisca e di sequestro di beni, entrambi emessi dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) a seguito della proposta della misura di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dal direttore della Dia, il generale dei carabinieri Antonio Girone. Nella foto la villa bunker a Cesa, in provincia di Caserta sequestrata al boss Amedeo Mazzara ANSA/CESARE ABBATE/ DC
20100305 CESA (CASERTA) -CLJ- CAMORRA:OPERAZIONE DIA,CONFISCATI 12MLN A AFFILIATO CASALESI SEQUESTRATI ANCHE BENI PER 500 MILA EURO A VIGILE URBANO. Beni per 12 milioni e mezzo di euro sono stati confiscati a due persone nel Casertano, nell'ambito dell'attività delle forze dell'ordine per l'aggressione ai patrimoni mafiosi. Il personale della Direzione investigativa antimafia di Napoli ha infatti completato l'esecuzione del decreto di confisca e di sequestro di beni, entrambi emessi dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) a seguito della proposta della misura di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dal direttore della Dia, il generale dei carabinieri Antonio Girone. Nella foto la villa bunker a Cesa, in provincia di Caserta sequestrata al boss Amedeo Mazzara ANSA/CESARE ABBATE/ DC

Una carriera fulminante quella del 49enne palermitano Giuseppe Corradengo: da semplice operaio dei Cantieri navali del capoluogo siciliano a imprenditore, alla guida di tre aziende leader nel settore delle costruzioni navali, con appalti anche alla Fincantieri di Marghera e Monfalcone. E’ stato arrestato per concorso esterno in associazione mafioso e con lui sono finiti dietro le sbarre altre sei persone, tra cui il 40enne Vito Galatolo, figlio del boss della cosca di Acquasanta di Palermo. Galatolo è stato arrestato a Mestre, nel suo appartamento di via San Pio X, dove risiedeva da tempo: lavorava in un cantiere navale veneziano.

Stando alle accuse della Procura antimafia palermitana, Corradengo controllava la «Nuova Navalcoibent srl» di La Spezia, la «Eurocoibenti srl» e la «Savemar srl» di Palermo, aziende che sarebbero state fondate con capitali mafiosi e sarebbero state rette da soggetti vicini alle cosche. Corradengo e i suoi sarebbero riusciti a condizionare il settore delle costruzioni navali e le attività dell’indotto in Liguria e nei due maggiori porti dell’Adriatico, Marghera e Monfalcone.

È partita dalle dichiarazioni dei pentiti Angelo Fontana, Gioacchino Basile e Francesco Onorato l'operazione della Dia che ha portato a sei ordinanze di arresto per presunti esponenti del clan mafioso di Resuttana e dell'Acquasanta che si era infiltrato da anni nella cantieristica navale.

Le indagini sono state avvalorate da intercettazioni ambientali che hanno fornito riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori così come le indagini sulle variazioni societarie. «Spiccano i nomi di Vito Galatolo e Angelo Fontana», ha spiegato il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, « per la loro costante ingerenza nella cantieristica navale di Palermo. Le famiglie agivano in regime di monopolio gestendo le commesse per lavori particolarmente remunerativi e qualificati. C'erano due metodi paralleli (corruzione vertici Fincantieri e intimidazioni) per avere controllo totale di questi lavori non facendo partecipare altre ditte agli appalti». «Alla fine degli anni Novanta», ha proseguito, «i cantieri entrano in crisi e decidono di delocalizzare aggredendo sia le zone di Trapani e Messina che la zona adriatica e tirrenica. La prima era affidata ai Galaltolo, con Giuseppe Corradengo a Monfalcone, mentre la gestione area tirrenica è andata ai Fontana che lavorano a La Spezia». Le indagini hanno evidenziato inoltre l'importante ruolo delle mogli di Galatolo e Corradengo che erano parte integrante del sistema di gestione e di spartizione dei lavori. Per il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo ad aiutare la mafia è anche la cattiva congiuntura economica, che consente «di distorcere più agevolmente il mercato, piegando le imprese più bisognose di capitale alle sue esigenze, anche quelle delle regioni settentrionali». L’organizzazione mafiosa sta abbandoando la Sicilia per la forte pressione investigativa , diversificando i suoi investimenti e rivolgendosi al Nord.

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