Mestre, in corteo per il centro islamico: «Battaglia storica e di civiltà»

Oggi, 25 aprile, la protesta dei fedeli musulmani che si riunivano in via De Amicis. La sentenza del consiglio di Stato obbliga la comunità a ripristinare i locali

Marta Artico
La moschea di via Piave a Mestre
La moschea di via Piave a Mestre

Andrà in scena oggi, 25 aprile, attorno a mezzogiorno, la protesta pacifica dei fedeli musulmani che fanno capo al Centro di preghiera di via Piave angolo via De Amicis, i quali hanno ricevuto l’ordine da parte dell’amministrazione, di ripristinare i locali sulla scorta della sentenza del Consiglio di stato arrivata subito dopo la fine del Ramadan.

Il 23 aprile la comunicazione alla Questura, nella quale avvisano che venerdì, ossia domani, nel giorno di preghiera, si ritroveranno ai Giardinetti di via Piave, poi in corteo raggiungeranno la moschea, e da qui si recheranno al parco del Piraghetto, dove pregheranno. Obiettivo? Stigmatizzare la scelta del Consiglio di Stato e anche quella del Comune, di impedire quello che ritengono un loro diritto.

Non più di qualche giorno fa il comune ha dato tempo due settimane per restituire i locali alla loro destinazione d’uso originaria, quella commerciale. La sentenza del Consiglio di Stato che metteva la parola fine all’uso religioso dello spazio che fu supermercato era già nota - e già aveva suscitato feroci voci di protesta nella comunità bengalese.

Cinque giorni fa, però, la pronuncia di palazzo Spada è stata notificata dalla polizia locale ai rappresentanti dell’associazione Ittihad e, così, è diventata un fatto concreto. Niente più tappetini, niente preghiere, niente riunioni. I fedeli islamici sono riusciti a riunirsi per l’ultimo appuntamento settimanale venerdì scorso.

«Per noi è una battaglia storica e di civiltà, ne va del diritto a esprimere la propria fede, sancito dalla Costituzione e inviolabile», ribadiva nei giorni scorsi Samrat Bim Abdullah, il referente della comunità islamica bengalese di via Piave.

Sulla vicenda si è espresso anche il presidente della Comunità Islamica di Venezia e Provincia, Sadmir Aliovsky: «In merito alla recente decisione del Consiglio di Stato sulla chiusura dei centri culturali esistenti da anni, la Comunità Islamica Veneziana desidera esprimere la propria posizione. Personalmente sono d’accordo sull’importanza di applicare la legge per adeguare le strutture e garantire la sicurezza di tutti.

Tuttavia, la chiusura dei centri non risolve il problema: al contrario, rischiamo di trovarci con migliaia di persone costrette a pregare in strada o in spazi pubblici. La libertà di culto è un diritto costituzionale e deve essere tutelata attraverso il dialogo e soluzioni concrete, non con provvedimenti punitivi».

L’ex Pam non è l’unico centro di preghiera presente nel territorio: Il punto di riferimento per i musulmani provenienti dai vari Paesi stranieri si trova in via Lazzarini a Marghera; via Monzani c’è un altro capannone trasformato in luogo di culto e ristrutturato; sempre nella città giardino, in via Paolucci 38, c’è uno dei luoghi eletti dalla comunità bengalese, che ha acquistato anche l’ex cinema Ariston.

Diversi i capannoni adibiti a sale di preghiera capienti, tra via Torino e via Ca’ Marcello: i principali in via Linghindal cui fa capo l’associazione Masjid Mestre-Mosque, e in via Paganello .

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