Mestre, Busetto uccise Pamio. Ma sul movente mancano le certezze

Non c’è l’aggravante dei futili motivi, ergastolo annullato Lazzarini, rea confessa, ritenuta attendibile solo in parte  
Interpress/Gf.Tagliapietra. 02.03.2016.- Monica Busetto all'uscita del carcere con gli avvocato, Dogliani
Interpress/Gf.Tagliapietra. 02.03.2016.- Monica Busetto all'uscita del carcere con gli avvocato, Dogliani

MESTRE. Le dichiarazioni di Susanna “Milly” Lazzarini sull’omicidio di Lida Taffi Pamio, uccisa nel dicembre del 2012, possono ritenersi attendibili - anche perché hanno trovato riscontri - ma non nella parte relativa alle motivazioni che avrebbero spinto lei e Monica Busetto a uccidere l’anziana nel suo appartamento di via Vespucci. Il movente, quindi, appare incerto.

Per questo la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di ergastolo nei confronti della Busetto, vicina di casa della vittima, emessa della Corte d’Assise d’Appello, ma solo in relazione all’aggravante dei futili motivi rinviando il giudizio alla Corte d’Assise d’Appello in diversa composizione.

Il perché di questa scelta è nelle motivazioni della sentenza sul ricorso presentato da Alessandro Doglioni e Stefano Busetto, avvocati difensori della donna. La Cassazione ha ritenute infondate la maggior parte delle censure presentate, a partire dalla principale, quella relativa a una possibile contaminazione di una collanina spezzata, trovata in casa della Busetto sulla quale è stata individuata una traccia di dna della vittima (la collanina le apparteneva) confermando il ruolo della Busetto nell’omicidio.

Ma ha accolto il ricorso nella parte relativa ai futili motivi, aggravante che in appello aveva visto l’operatrice socio-sanitaria condannata all’ergastolo rispetto ai 24 anni e 6 mesi del primo grado. Per i giudici romani c’è una «contraddizione» nelle motivazioni della condanna d’appello, laddove afferma da un lato che «le oscillanti dichiarazioni della Lazzarini non facciano adeguata chiarezza sulla precisa ricostruzione del fatto e, dall’altro, dichiara espressamente di utilizzare le stesse per colmare la lacuna relativa alla individuazione del movente, che individua in un malcelato malanimo ed un sentimento di scarsa sopportazione da parte dell’imputata nei confronti della vittima».

Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado si leggeva che la Busetto aveva aderito alla richiesta dell’amica Lazzarini, rea confessa, di aiutarla a finire Taffi Pamio, donna che la “sputtanava” - così disse - e non le stava simpatica.


 

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