Maxi truffa, vittime 142 persone ma la prescrizione cancella tutto

Il giudice ha dovuto dichiararla perché sono passati otto anni dai fatti. Indagini troppo lente. Due veneziani e due romane piazzavano case che non erano in vendita e si trattenevano la caparra
Il tribunale di Venezia
Il tribunale di Venezia

VENEZIA. Un truffa gigantesca, che avrebbe permesso ai quattro indagati ritenuti responsabili di incassare oltre tre milioni di euro, ma tutto è finito in prescrizione a causa dei tempi lunghi delle indagini, rimaste a lungo anche ferme, e dei termini brevi della prescrizione per questo reato, anche se i quattro erano indiziati oltre che di truffa, anche di associazione a delinquere, ma i fatti si sarebbero svolti tra il 2001 e il 2006. Sono ben 142 le persone rimaste raggirate, almeno quelle identificate, di cui una cinquantina di Venezia, un altra decina della nostra provincia (Mirano, Mira, Santa Maria di Sala, Campolongo, San Donà e Jesolo), il resto di Vicenza, Padova, Milano, Treviso, Pordenone, Roma e altre città. Nei giorni scorsi il giudice veneziano Giuliana Galasso ha disposto l’archiviazione delle accuse per i quattro, che sono Roberto Brunello (47 anni, di Mestre), Barbara Zolezzi (67 anni, del Lido), Annamaria Cuzzolaro (62) e Anna Emilia Pollera (79), entrambi di Roma.

Il sistema utilizzato era piuttosto semplice: i due veneziani contattavano le persone in centro storico e in provincia, gli proponevano di acquistare immobili che il Tribunale di Roma stava mettendo all’asta perchè provenivano da fallimenti, quindi preparavano addirittura un contratto preliminare e si facevano consegnare un caparra, qualche volta di 30 mila, altre volte di 60 mila euro. Ma era tutto falso: gli immobili che mostravano ai clienti non erano in vendita e non erano, di conseguenza, di società fallite. Anche il preliminare era del tutto fasullo. Ricevuti i soldi, i quattro sparivano. Stando alle accuse, Brunello, trattava con i clienti, lo stesso la Zolezzi, mentre le due donne romane fingevano di occuparsi delle aste al Tribunale dia Roma.

Nell’ordinanza del giudice Galasso che dispone l’archiviazione, il magistrato veneziano non ha dubbi. Scrive infatti che «si ravvisano nella condotta posta in essere dagli indagati tutti gli elementi richiesti dal codice penale per la configurazione del reato di truffa: lo schema criminoso sistematicamente attuato con riferimento a ciascuno dei numerosi episodi denunciati, infatti, prevedeva una particolare condotta fraudolenta concretatasi nei così detti artifici e raggiri». E ancora: «Le persone offese non sono state accorte né diffidenti, determinandosi a concludere affari prospettati in modo abbastanza generico e senza motivazioni esaustive e tuttavia giova anche ricordare quanto sostenuto nella sentenza della Corte di Cassazione in cui si fa riferimento al fatto che “ai fini della sussistenza del delitto di truffa non ha rilievo la mancanza di diligenza della persona offesa”».

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