Maxi rissa dimenticata riapre negozio bengalese

Violenza in agosto, da allora la pasticceria di via Stefani era rimasta chiusa Il titolare ci riprova, con prodotti tipici. Polesel: «Un esempio per tutti»
Di Massimo Tonizzo
Riapertura del negozio "Bangla misti ghar" (tradotto "Dolci dal Bangladesh") dove la scorsa estate era avvenuta una violenta rissa. Marghera
Riapertura del negozio "Bangla misti ghar" (tradotto "Dolci dal Bangladesh") dove la scorsa estate era avvenuta una violenta rissa. Marghera

MARGHERA. Per dimenticare i problemi di convivenza, le difficoltà e le risse, Marghera riscopre ancora una volta la sua funzione “multietnica” davanti a un paio di piatti di verdure fritte e dolci prodotti secondo le ricette tradizionali provenienti dall’altro lato del mondo. Dopo alcuni mesi di chiusura dovuti alla risistemazione dei locali e al recupero fisico del titolari, grazie all’aiuto fornito da Etam, Municipalità di Marghera e dall’intera comunità bengalese, ieri ha ripreso l’attività la pasticceria-gastronomia di via Stefani 1, che ad agosto scorso fu teatro di una maxi rissa innescata da un regolamento di conti. Nuovo nome (“banglamisti gor”, che in lingua bengoli significa “Casa del dolce”), ma stesso proprietario, il quarantenne bengalese Hossain Monwar che, assistito dall’intera famiglia, dopo un’esperienza analoga in patria ha deciso, primo in assoluto nel Veneto, di portare anche a Marghera, sua casa d’adozione da due anni, la cucina tradizionale. «Una riapertura significativa e per noi importante», spiega il vicepresidente della Municipalità di Marghera, Bruno Polesel, «per dimostrare come Marghera sia posto adatto per l’unione delle varie realtà etniche presenti. Spero che questo diventi un luogo di ritrovo importante non solo per la vasta comunità bengalese, ma per l’intera popolazione del quartiere».

«Vogliamo interagire al meglio con il quartiere», aggiunge Hossain. «Quello che c’è stato in passato va superato: ora è il momento di pensare al meglio per quello che verrà».

La comunità del Bangladesh è la seconda per numero di presenze tra Mestre e Marghera, con oltre 5.000 residenti regolari, e una delle più attive nei tentativi di integrazione. «Organizziamo in continuazione corsi di italiano», spiega il portavoce della comunità Syed Kamrul, «per i nostri connazionali, che per la maggior parte lavorano alla Fincantieri e negli alberghi del centro storico. L’Italiano è l’ostacolo principale per l’integrazione, ma stiamo facendo molti passi in avanti».

Il cibo potrebbe essere un elemento di unione, almeno a giudicare dalla reazione dei numerosi ospiti alla mattinata di apertura del locale di via Stefani: i tradizionali “Shingara samosa” di verdure fritte e i molti dolci di semplici ingredienti sono stati apprezzati da tutti, accompagnati da semplici bicchieri d’acqua, in quanto nel locale l’alcol non è ammesso. «Stiamo cercando di integrarci nella maniera migliore possibile», dice Rafia Akter, voce conosciuta non solo perché rappresentante della comunità all’interno dell’Etam, ma proprio per le sue doti canore all’interno di “Voci del mondo”, «e per questo sono state organizzate le cene di quartiere e altre iniziative. Noi siamo molto distanti dall’Italia sotto molti aspetti, ma proprio per questo c’è molto da apprendere e molto da dare».

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