Mauro: «Questa Europa ancora tutta da costruire»

Tre giorni di dibattiti e confronto a Venezia e Mestre per parlare con il Veneto «Voglio che i miei giornalisti capiscano il mondo che li legge e si confrontino»

VENEZIA. «Repidee» non è un talk show. Sarà perché c’è quella parolina - idee – che dà subito una ventata d'ossigeno. Sarà perché dietro c’è un giornale -Repubblica – che non è semplicemente un format. Ezio Mauro, il direttore, vuole fermissimamente questi appuntamenti pubblici, anche se qualche dubbio lo attanagliava: verrà qualcuno? sarà un flop? Poi, già ai primi appuntamenti, ha dovuto farsi largo tra la gente in fila, ha visto piazze piene, teatri senza un posto libero.

Dice: «Abbiamo scommesso sul fatto che c’è una base culturale, che c’è passione, voglia di ascolto e confronto. Un giornale come il nostro non può eludere questa realtà. Anzi, deve stimolarla. Un giornale ha il diritto di esprimere opinioni, direi il dovere. Non per suggerire o imporre un pensiero, ma per dare al lettore un ulteriore elemento che, assieme agli altri, gli consenta di formarsi un’opinione propria».

Insomma, questi appuntamenti pubblici sono la continuazione del giornale con altri mezzi, e tra le motivazioni viene fuori un aspetto curioso. Sempre Mauro: «È l’incontro della community di chi scrive con quella di chi legge. Io voglio che i miei giornalisti, le mie firme percepiscano bene com’è il mondo che li legge, lo conoscano, ce l'abbiano di fronte».

Come dire: guardate e sentite il paese reale, quello almeno che è il pubblico di “Repubblica”, e nello stesso tempo fatevi vedere e sentire. Sottotraccia, c’è un po’ l’aria della public company, di interessi condivisi, un azionariato immateriale perché qui si parla di idee. «Ci sono questioni fondamentali sulle quali è necessario riflettere. Magari lo fa anche la politica, ma le posizioni politiche possono cambiare. Le idee restano, i principi che si dibattono fondano una consapevolezza. Noi non vogliamo fare un festival di agitazione politica, vogliamo proporre approfondimenti, far capire che c'è un diritto di cittadinanza e di espressione. Cosa fa un quotidiano? Racconta i fatti, la cronaca, ma deve andare oltre. I giornalisti sono testimoni, e raccontano. Ma il confronto con la realtà non può fermarsi qui: bisogna aprire i fatti, guardare dentro. Lo facciamo sul giornale: e perché, se no, papa Francesco avrebbe scelto “Repubblica” per confrontarsi sui grandi temi della fede? Con “Repidee” noi diamo la parola ai protagonisti anche oltre la carta stampata. Persone con idee, non solo parole scritte».

Si sa, spesso le idee danno fastidio, e possono essere pericolose. Quando le “uscite” pubbliche di “Repidee” hanno da subito avuto successo, sono piovute critiche da ogni parte. Il partito che definisce “Repubblica” un partito non se l’è fatto ripetere due volte: eccoli, che si fanno propaganda, la faccia pubblica della consorteria, i radical chic che fanno l’occhiolino alle masse. E ancora: non altro che un teatrino a fini pubblicitari; oppure: il loro solito salotto trasportato in piazza. Ezio Mauro non ci sta proprio: «Macché partito: questa è un’operazione culturale in cui crediamo. E non è nemmeno pubblicità. Nelle piazze dove andiamo non c’è nemmeno un banchetto, che so, con i libri che pubblichiamo. Il giornale non chiede e non vende nulla, tutto è gratuito. Noi creiamo uno spazio dove le menti si confrontano. Ho visto centinaia di persone ascoltare il sociologo Zygmunt Bauman per un’ora e mezza filata, e non volava una mosca. Io ero seduto tra il pubblico, e mi veniva da applaudire. Mi è successo altre volte. La community scopre la condivisione. E la miglior risposta a chi ci dà dei salottieri sono le piazze stracolme di persone».

La scelta dei temi non è casuale si intreccia al luogo dove “Repidee” sbarca. A Torino si è discusso di lavoro, a Firenze, di “ricominciare”, a Bari di scienza e fede, a Bologna di tecnologia e innovazione. A Venezia e Mestre, nella tre giorni che comincia domani, il tema è “Europa e euro: fuori o dentro?»

Spiega Ezio Mauro: «Mille motivi per parlare di Europa da queste parti: il Veneto e il Nordest sono da decenni proiettati economicamente verso l’Europa. E poi in queste regioni si è affermata una civiltà del lavoro che naturalmente non è una prerogativa esclusiva, ma è molto speciale. Il tema dell'Europa è caldo, sapete bene che, anche qui, ci sono voci che predicano l’uscita dall’euro. In realtà l’Italia è stata per anni il Paese più europeista di tutti, ma in modo superficiale. Poi due fatti hanno pesato: l’introduzione dell'euro e il mancato controllo sui processi economici, così abbiamo avuto aumenti che altrove non si sono verificati. E, secondo fatto, la politica di rigore europea nata con la crisi, che viene vista come un’imposizione. Di più: molti cittadini percepiscono l’Europa come un vincolo senza legittimità, una sovranità quasi abusiva. Così adesso gli italiani sono antieuropeisti, ma sempre in modo superficiale. Per uscire dalla crisi c’è bisogno di più Europa. La strada sarà quella di un governo europeo, scelto dagli elettori di ogni paese; e poi ci vuole un sovrano per l’euro, la moneta comune deve essere gestita sui mercati e nelle politiche internazionali. Ci vorrà un esercito comune, eccetera, insomma c’è molto da costruire. Le stesse frontiere devono diventare compiutamente europee. Lampedusa docet: quella spiaggia è l'approdo dei profughi in Europa, non in Italia. Si dovrà capire questo. Per tre giorni ne parleremo. Se poi alcune di queste idee vengono prese dalla politica, ben venga».

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